ARTIFICIALI & Co

 

 

 

 

 

“Fai da Te” – Costruiamo gli 
“Artificiali in resina plastica”

 Testo e foto di Loris Ferrari (08/02) – Ultimo aggiornamento 04/03

 

Premessa:

 

Quando la Rapala ha smesso di commercializzare in Italia lo spoon weedless, una sorta di minnows ondulante munito di amo rivolto all’insù e reso antialga da un’armatura metallica, tanti lanciatori si sono rammaricati, perché veniva a mancare dal commercio un’esca davvero valida.

 

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E’ l’esca l’ideale per  insidiare i predatori dentro le ninfee, gli erbai, i canneti e dentro ai difficilissimi hot spot formati dai grovigli di tronchi e ramaglie sommerse.

 

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Non sono abituato ad arrendermi facilmente, e quindi non mi sono perso d’animo.

 

Si è anzi rafforzata in me la voglia di provare a costruirli, ma non nelle dimensioni originali, perché le ritengo assolutamente insufficienti per insidiare con continuità grossi predatori e per evitare di avere attacchi anche dai soggetti giovani.

 

Ho voluto provare a farli di dimensioni maggiori, superiori perciò agli 8 cm. della misura massima degli spoon originali.

 

 Una misura più grande la ritengo sicuramente più selettiva per insidiare gli esemplari adulti delle specie, soprattutto Lucci e per insidiare un altro predatore di sicuro interesse, il Siluro, che in tante acque ha raggiunto taglie da capogiro.

 

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Non mi ero mai voluto cimentare nella loro costruzione in legno, perché la sagoma particolare avrebbe richiesto un grosso lavoro di scolpitura sul pezzo grezzo, non ottenibile se non con ore di certosino lavoro.

 

L’articolo sulla rivista “Pescare” di Moreno Bartoli e Luciano Cerchi, su come farsi un artificiale portachiavi e poi successivamente quello di Andrea Rumualdi, pubblicato su questo stesso sito, su come clonare il minnow spoon della Rapala, utilizzando la colla a caldo come riempimento, hanno accelerato la mia voglia di provare a riprodurlo …facendomi intensificare gli sforzi di studio e ricerca dei materiali più idonei.

 

Ho cercato allora di migliorare la strada già percorsa dagli altri, iniziando col fare un solo esemplare in legno, di appropriate dimensioni, che fungesse da anima e di costruirmi uno stampo professionale, per riuscire ad ottenere tanti cloni, magari di un materiale plastico, facilmente riproducibile, ma maggiormente resistente rispetto alla colla a caldo alle sollecitazioni meccaniche ed ai denti dei predatori.

 

nasce il modello da riprodurre:

 

Ho quindi iniziato costruendomi un minnow in legno, simile come forma all’originale, ma con dimensioni aumentate fino ad una lunghezza di 12 cm. ed è iniziata per me una nuova avventura…

 

Questa misura, soprattutto nella versione “larga” (Fat Lorispoon), che vedremo più avanti, oltre ai pesci di cui sopra, penso possa essere impiegata con successo anche in mare, ad es. nei confronti di Lecce e pesci Serra.

 

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Dopo aver costruito l’originale in legno, prima di giudicarlo terminato, gioverà ricordare che questo dovrà risultare impeccabile come precisione di finitura.

 

Si dovrà badare quindi a carteggiarlo finemente, badando di lisciare il più possibile la sua   superficie.

 

Ricordate che qualsiasi piccola imperfezione risulterà inevitabilmente anche sui pezzi poi riprodotti in seguito, obbligandoci tutte le volte a lunghi lavori di stuccatura.

 

Una volta finita la fase di carteggiatura, bisognerà colorare l’artificiale e, una volta asciutto, ricontrollarlo accuratamente sotto la luce radente di una lampada.

 

Potrebbero emergere alcuni tratti irregolari che ci erano sfuggiti mentre il pezzo era ancora color legno naturale.

 

Bisognerà allora stuccarlo e ricarteggiarlo finemente fino a farne scomparire il più possibile i difetti riscontrati.

 

Dopo questa fase, vi consiglio di dipingere il pezzo con la vernice trasparente e lasciarlo asciugare perfettamente.

 

Anche questa lavorazione, apparentemente inutile, serve invece a vetrificare la superficie del manufatto ed a renderla molto liscia e quasi priva di porosità ed imperfezioni.

 

Dopo aver aspettato il tempo necessario per una perfetta asciugatura, il pezzo è pronto per costruire lo stampo in gomma siliconica.

 

Per chi volesse approfondire l’argomento, lo rimando all’articolo presente sul sito, dal titolo:

“Costruiamo uno stampo in gomma siliconica”

 

Una volta costruito lo stampo, dovremo costruirgli attorno una armatura metallica e pensare al peso ed alla forma da dare alla piombatura per ottenere il movimento che desideriamo dal nostro artificiale.

 

L’armatura e la Piombatura:

 

        Ora che abbiamo lo stampo finito, aperto in due parti davanti a noi, dovremo costruirci dentro un’armatura e la necessaria piombatura.

 

Noi non riproduciamo soldatini od altri pezzi già terminati, solamente da verniciare.

 

Il nostro lavoro è più complesso, prima di colare dentro lo stampo la resina plastica, dovremo costruire un’armatura d’acciaio inox che abbia due anelli alle estremità (in testa ed in coda, e magari uno o due sul ventre.

 

Questi serviranno per agganciare gli anelli metallici per fermare ami ed ancorette.

 

Oppure l’armatura d’acciaio dovrà fermare direttamente ancorette od ami singoli e soprattutto dovrà avere il compito di ospitare tutta o parte della piombatura necessaria a tenere nel giusto assetto l’artificiale durante il recupero.

 

E’ un’operazione difficile ed estremamente delicata, da effettuarsi con estrema cura e rigore, non deve spaventarci se a volte richiederà molto più tempo del previsto.

 

Bisognerà procedere per tentativi, tutte le volte che facciamo un artificiale nuovo, in modo da trovare la giusta armatura e la giusta piombatura, a volte basta piegare di pochi gradi un anellino verso l’alto o piombare maggiormente l’esca verso il basso, o verso il centro, per scoprire assetti diversi e più gratificanti.

 

A livello generale, suggerisco di utilizzare come principio quello della semplicità.

 

Ricordiamoci che l’armatura deve essere facilmente riproducibile, in modo da prepararne parecchie uguali, da alloggiare nello stampo e riprodurre velocemente le esche.

 

Cerchiamo di idearla il più semplice possibile, utilizzando materiali facilmente reperibili; se vi è mai capitato di sezionare artificiali commerciali, vi accorgerete che il principio che li guida è proprio questo. Noi cercheremo di imitare gli industriali del settore.

 

Una volta trovata la giusta armatura, ci basterà tenerne un campione, assieme allo stampo, sicuri di riuscire a farne una uguale in qualsiasi momento ci occorra.

 

Una volta costruita l’armatura, bisognerà alloggiarla nello stampo ed assicurarci che non possa in alcun modo muoversi durante la delicata fase della colatura della resina plastica.

 

Anche questo aspetto, anche se può apparire secondario, dovrà essere il più possibile standardizzato e semplificato, in modo da far perdere meno tempo possibile fra una colata di resina e l’altra.

 

Secondo l’uso che vorrete fare del vostro artificiale, ad es. traina in mare, spinning pesante sul fondo, a galla fra le ninfee… dovrete costruire una armatura ed una piombatura apposita.

 

Uno stesso tipo di artificiale, armato in modo differente, si presterà così ad utilizzi più diversificati, permettendoci di usarlo in ambienti acquatici profondamente diversi.

 

Nella foto vedete uno dei primi prototipi di armatura formata da un’olivetta da 10 o 15 grammi messa nella testa, più un piombo sferico da 5 grammi verso la coda, resi entrambi piatti con l’aiuto di un martello.

 

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Questo tipo di armatura permette l’oscillazione laterale solamente alle basse velocità, mentre fa andare in rotazione lo spoon non appena si aumenta il recupero.

 

L’artificiale andrà perciò impiegato recuperandolo lentamente in mezzo ai banchi di ninfee, ai rami ed ai canneti.

 

In questo modo sono riuscito ad ottenere esche complessivamente pesanti dai 33  ai 45 grammi (amo, resina ed armatura), potenzialmente valide in parecchie acque, con range di utilizzo che vanno dalla superficie ai 2 metri.

 

Vi ricordo che l’originale Rapala, nella misura massima, è lungo 8 cm. per 22 grammi di peso.

 

Costruiamo l’armatura metallica per lo Spoon:

 

In pratica consiste in un pezzetto di acciaio avente alle estremità due anelli, perpendicolari fra loro, verticale quello di testa, per collegare il filo proveniente dal mulinello; orizzontale quello di coda, per permettere di avere nella giusta direzione l’amo singolo oppure l’ancoretta.

 

Ovviamente questi due andranno collegati all’artificiale con l’aiuto di un anellino metallico.

 

Per costruirla io ho impiegato l’acciaio inox da 1 mm. lungo 18 cm. e curvato attorno allo stampo con l’aiuto delle solite pinzette a becchi conici ed a becchi quadri.

 

Trattandosi poi di un’artificiale che deve simulare un pesce ferito, che nuota di fianco, deve avere una particolare piombatura che lo costringa a nuotare in quel modo, mantenendo il più possibile l’amo protetto dall’antialga rivolto all’insù, mentre nuota ondeggiando.

 

Cambiando le dimensioni all’esca e creandone in sostanza una nuova, questa è stata una fase di ricerca davvero ardua, lunga e difficile.

 

Ho dovuto passare attraverso numerose diverse posizioni di piombatura…ma attualmente la mia preferita consiste in due pezzetti di lastra di piombo da 1 millimetro, appoggiati sul fondo dello stampo.

 

Il primo è di forma semiovale, poco più piccolo della testa del minnow e l’altro è ovale, poco più piccolo della pancia dello spoon.

 

Sono piegati entrambi verso l’alto, alle estremità, in modo da seguire la curvatura dello spoon.

 

In questo modo sono riuscito a riprodurre nell’esca un nuoto davvero originale, a lento affondamento, che oscilla lateralmente senza ruotare su sé stessa, se non in seguito a recuperi veloci.

 

Queste esche fanno parte della grande famiglia dei Jerk Baits, sono in sostanza esche che imitano un pesce ferito ad andamento incerto, che cerca di fuggire, con cambi di traiettoria improvvisi.

 

E’ un’esca non facile da utilizzare correttamente, i movimenti adescanti sono il frutto di un’azione combinata di canna, polso e mulinello, come ad es. il “Walk the dog”, ovvero il “porta a passeggio il cane”.

 

Sono esche estremamente selettive, riescono a far risalire anche da parecchi metri i grossi esemplari in superficie, facendoli esibire in attacchi al cardiopalma e donando al fortunato pescatore che le utilizza soddisfazioni memorabili.

 

La resina Plastica:

 

Esistono in commercio migliaia di resine plastiche con caratteristiche chimiche e meccaniche differenti, nate per rispondere a peculiari e specifiche esigenze dell’industria.

 

Con l’aiuto di un amico che opera nel settore, ne ho adottata una a tre componenti (due liquidi ed uno in polvere), che una volta indurita è più dura della balsa, galleggia come il legno e poi si può carteggiare, forare, incollare e verniciare…proprio come l’amico naturale, compagno dei nostri lavori.

 

L’altro aspetto importante è che indurisce in soli 15 minuti, permettendoci di costruirci, in un tempo relativamente breve, parecchi esemplari della ns. esca preferita (ovviamente allo stato grezzo).

 

Inizieremo a fissare la nostra piombatura, mettendo uno strato di mastice per marmo in fondo allo stampo, in modo da fissare i due pezzetti di piombo.

 

Ora mettiamo in posizione l’armatura curva d’acciaio e con l’aiuto di una punta di un cacciavite aggiungiamoci sopra altro mastice, in modo che non si muova dalla posizione voluta.

 

Dopo ca.15 minuti, lo stucco sarà solidificato e potremo colarci la resina plastica.

 

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Prendiamo un contenitore di plastica e versiamo 10 cc. di liquido “A” e mettiamoci dentro un misurino di polvere (cariche inerti galleggianti).

 

La giusta quantità di polvere la otterremo dopo alcune prove pratiche sulla galleggiabilità del pezzo.

 

Mescoliamo ben bene e poi versiamo nel contenitore altri 10 cc. di liquido “B” (catalizzatore); mescoliamo bene per almeno un minuto e poi versiamo la resina liquida nello stampo, fino a riempirlo.

 

Una volta catalizzata, miscelando assieme i tre componenti, questo tipo di resina fa presa in ca. 15 minuti.

 

Ora chiudiamo lo stampo e fermiamolo con un paio di morsetti.

 

Questo perché indurendo, la resina si dilata e se non venisse fatta questa operazione si otterrebbe un pezzo deformato, molto più gonfio dell’originale.

 

L’eccedenza di resina se ne andrà dalle due aperture che lasceremo appositamente alle estremità dello stampo (in pratica dove c’è l’anello di testa e quello di coda dell’artificiale.

 

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Ora, se necessario, procederemo alla fase di stuccatura, per eliminare eventuali difetti di stampaggio, utilizzando uno stucco da marmista o metallico da carrozzaio.

 

Nella foto sottostante potete vedere due spoon grezzi, uno con amo singolo finale, inserito nel pezzo ed uno senza.

 

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Nella foto sotto potete vedere uno spoon grezzo, con ancoretta protetta da nylon antialga.

 

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Nella foto sotto potete vedere uno spoon grezzo, con amo singolo reso antialga da due ferretti d’acciaio inox da 0,60 mm.

 

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Nelle due foto sottostanti potete vedere uno spoon grezzo, con amo singolo inserito nel corpo e reso antialga da due ferretti d’acciaio inox da 0,80 mm.

 

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Nota Bene: Prima di utilizzare la resina plastica, vista la accertata nocività dei prodotti chimici, è preferibile indossare guanti in plastica e respirare attraverso una mascherina ai carboni attivi. La resina è infatti nociva per contatto con la pelle e per inalazione.

Se possiamo, teniamo il locale dove lavoriamo con porte e finestre aperte, per consentire il ricambio d’aria.

 

La decorazione:

 

Una volta che l’esemplare di resina viene estruso, sarà sufficiente togliere le sbavature di incontro fra le due parti dello stampo e la patina di cera distaccante o i residui siliconici dello stampo.

 

Tolto il pezzo dallo stampo, andremo a sbavarlo con l’aiuto di una lama di un cutter.

 

Poi andremo con la carta vetrata a rifinirlo, fino a farlo diventare simile all’originale.

 

Ora laveremo e puliremo bene con acqua calda e sapone il pezzo estratto dallo stampo e poi lo sgrasseremo con l’aiuto dello scotch braid imbevuto di acetone o trielina, in modo da eliminare anche la più piccola traccia di silicone dello stampo.

 

E’ un operazione importante per evitare problemi nella fase successiva di verniciatura del pezzo, consiglio poi di lasciarlo asciugare in un luogo ben ventilato, per almeno un giorno, prima di passare alle successive fasi di decorazione.

 

Se il grezzo viene pulito male, può accadere che la vernice non riesca ad aderire oppure si formino antiestetiche bolle sulla superficie (occhi di pernice).

 

Se vi sono imperfezioni di colata, ci basterà stuccarlo con comune stucco metallico da carrozzai o stucco per marmi e poi carteggiarlo finemente ad essiccazione avvenuta.

 

Ora basterà proteggerlo con una mano di fondo per materie plastiche e procedere alla fase finale di decorazione.

 

Prima è buona norma, come si fa con il legno, dare almeno una mano di turapori e poi carteggiarlo con lo scotch braid.

 

E’ ora possibile verniciarlo a spruzzo, con l’aerografo o…a mano, come ancora fa il sottoscritto.

 

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Non starò a dilungarmi su questa delicata fase, perché lascio la libertà ad ognuno di voi di decorare le proprie esche con le tonalità di colore che preferisce.

 

In una pubblicità della Berkley si afferma che è il movimento che attira il predatore… anch’io ne sono convinto, tant’è che ho catturato pesci con quasi tutti i colori che ho loro proposto.

 

E’ però anche un fatto che in determinate situazioni, anche il colore soprattutto quello d’insieme e non le singole sfumature, a parità di esca, ha la sua importanza.

 

Mi limito pertanto ad illustrarvi nelle foto, alcune delle tonalità da me preferite per decorare gli spoon che ho battezzato, scusate l’immodestia e la scarsa fantasia, appunto “Lorispoon”, approfittando anche della parte finale del mio nome di battesimo.

 

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Nelle foto sottostanti, potete vedere i “Fat Lorispoon” terminati, sia in versione a doppio anello, per poter montare l’amo singolo o l’ancoretta e nella versione con amo singolo integrato nell’artificiale.

 

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Sono artificiali grossi e pesanti, da usarsi con attrezzatura adeguatamente robusta e destinati ai pesci di taglia record.

 

Nella foto sotto, le quattro versioni finora costruite dei “Fat Lorispoon”

 

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Potete notare, nell’ordine, dall’alto verso il basso:

 

-           versione con ancoretta con antialga in nylon per luoghi inerbati;

-           versione con ancoretta stagnata per pesca ai Siluri o in mare alle lecce;

-           versione con amo singolo staccato, con antialga metallico e trailer in silicone, per uso in luoghi ricchi di ostacoli;

-           versione ad amo singolo integrato nell’artificiale, protetto da antialga metallico, per l’uso in luoghi ricchi di ostacoli.

 

 

Conclusioni:

 

Avrete senz’altro notato che, contrariamente al mio solito, non sono stati trattati in dettaglio i nomi di alcuni materiali che ho impiegato, perché non sono reperibili normalmente in commercio, essendo prodotti ad esclusivo uso professionale.

 

Ritengo che l’obiettivo di quest’articolo sia solamente quello di far riflettere i costruttori sull’eventualità o meno di percorrere anche questa nuova opportunità.

 

Costruirsi gli artificiali in resina plastica, deve essere il punto di arrivo; va visto come il mezzo per costruirsi piccole serie ma anche, volendo,  grosse quantità di artificiali, tutti uguali, avvalendosi di uno stampo.

 

Prima di affrontare simili lavori complessi, ed acquistare materiali così particolari, che faranno assomigliare il ns. laboratorio domestico, ancora di più a quello del “piccolo chimico”, il lanciatore - costruttore, ritengo debba obbligatoriamente essere passato dalle fasi precedenti.

 

Deve avere cioè brillantemente superato la fase di costruzione di singoli artificiali in balsa o comunque altro materiale ligneo, come già ampiamente illustrato nei precedenti articoli di questo sito.

 

Lavorare con materie plastiche, richiede l’osservazione ed il rispetto di precauzioni da adottare e norme di sicurezza, per non trasformare una sana passione in un pericolo per la ns. salute e l’ambiente che ci circonda.

 

Sono materiali tossici per inalazione e per contatto con la pelle; vanno usati con mascherine e proteggendosi le mani con appositi guanti.

 

Nulla di impossibile, per carità, anzi ve ne consiglio l’uso a livello precauzionale, ogni volta usate vernici, solventi e simili.

 

Non sono materiali semplici da usare, per utilizzarli credo occorra anche un minimo di tirocinio pratico oltre a queste nozioni teoriche.

 

Se però, malgrado queste evidenti difficoltà di reperimento e di utilizzo, scoprirete un artificiale talmente valido da meritare la produzione in piccola serie, o vorrete clonare un’artificiale già esistente (e magari non più in commercio), allora potrete cominciare anche voi ad affrontare questo metodo costruttivo.

 

Io sarò ben felice di aiutarvi ad approfondire tutte le singole fasi di lavorazione ed entrare nello specifico dei materiali e del loro corretto uso.

 

Come ho fatto con altri, sono pure disponibile a brevi stage pratici, per evitare grossolani errori ed inevitabili delusioni.

 

L’era della costruzione degli artificiali autocostruiti, utilizzando le resine plastiche inizia solamente ora; finora era rimasta solamente appannaggio del mondo dei costruttori commerciali.

 

Le soddisfazioni che mi stanno arrivando, giorno per giorno, dall’impiego di questi nuovi materiali sono davvero tante ed in continuo aumento.

 

Per questo sono ad anticiparvi questi articoli, pur nella piena consapevolezza di essere io stesso, ed alcuni pochi pionieri, solamente agli inizi di questa bella esperienza.

 

In questi dieci mesi, ho condiviso queste esperienze con un altro grande autocostruttore ed amico, Moreno Bartoli, “il Professore”, che tiene una seguitissima rubrica mensile di autocostruzione sulla rivista “Pescare”.

 

Assieme stiamo tentando una strada, forse ancora non percorsa da altri lanciatori in Europa… vedremo dove ci porterà.

 

Se anche voi vorrete cimentarvi a costruire esche con le resine plastiche, io vi aiuterò alla sola condizione di condividere assieme le gioie e le inevitabili delusioni che questi tentativi ci riserveranno.

 

Segnalatemi quindi le vs. particolari esperienze e, non fatemi mancare neppure critiche ed osservazioni, mi serviranno per migliorarmi sempre di più come costruttore e divertirmi maggiormente durante le mie sessioni di pesca.

                  

Loris Ferrari

 

e-mail : lorisfer@libero.it

 

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