ARTIFICIALI & Co

 

 

 

 

 

Fai da te: i minnow shad

Testo e foto di Costantino De Luca
  (ultimo aggiornamento 07/2002)

Che cosa sono

 

Il termine shad in inglese è spesso usato per indicare un tipo di pesciolino panciuto, il classico ciprinide che vive in acque ferme. Osservando la differenza tra una scardola di fiume e la medesima presente in stagni o laghi, noteremo come quest’ultima assuma una forma meno slanciata, una risposta per l’adattamento alle diverse condizioni ambientali.

Per simulare questi pescetti la nota casa finlandese introdusse una decina d’anni fa un tipo d’imitazione galleggiante diversa dai soliti minnow di forma allungata: era lo shad-rap shallow runner, con la caratteristica paletta piegata a forma di L, seguito, dopo qualche anno, dal modello deep runner, con palettone  allungato.

Attualmente diverse altre case producono imitazioni, in tute le livree possibili, che si rifanno ai 2 modelli menzionati, mentre l’originario produttore ha aggiunto al suo catalogo un tipo snodato dotato anche di rattling dentro il corpo; c’è solo l’imbarazzo della scelta

Dove e come si usano

 

Le acque ferme, o a lento deflusso, sono il loro luogo ideale, ma nulla vieta di usarli anche in altre condizioni perché la diversa paletta dei due modelli ne cambia completamente il tipo di movimento e la profondità d’azione.

Lo shallow runner (shallow = superficiale, poco profondo), è studiato per lavorare in superficie o appena sotto il pelo dell’acqua; la particolare forma a L della paletta genera delle oscillazioni sia verticali che orizzontali del pescetto, con vibrazioni molto adescanti.

E’ quasi una sorta di popper che va un po’ più in giù rispetto alla superficie dell’acqua; dà il meglio di sé quando il pesce è in caccia a galla, riconoscibile per le classiche sfuriate delle prede foraggio. E’ molto utile anche nella pesca a vista, quando l’esca deve muoversi a portata del pesce individuato, producendo vibrazioni più forti dei classici minnow galleggianti.

Il deep runner (deep = profondo) invece è pensato esclusivamente per lavorare in profondità; la dimensione della paletta maggiorata e l’inclinazione permettono a quest’esca di sondare strati dell’acqua impossibili per gli altri minnow galleggianti. Appena inizia il recupero s’inabissa e procede scodinzolando in verticale. La paletta sporgente rispetto al corpo ed il movimento che origina (la coda e la rispettiva ancoretta sono rialzate durante il nuoto) lo rendono una buona esca ant’incaglio, perché l’eventuale ostacolo è toccato prima da questa e poi dalle ancorette. Abbinando l’artificiale ad un trecciato, con un po’ di pratica si riesce a “sentire” quando l’esca urta qualcosa; allora basterà fermare il recupero e, grazie alla galleggiabilità, il minnow tenderà a salire in superficie allontanandosi dall’eventuale incaglio.

 In sostanza quest’esca ci permette di pescare in acque profonde e relativamente ricche di ostacoli, con un movimento più adescante rispetto ad un minnow affondante; è quindi ottimo quando non ci sono segnali di cacciate in superficie.

E’ il mio preferito tra i due artificiali, io lo uso in questo modo: appena lanciato abbasso la canna ed inizio il recupero con una serie di colpetti di cimino, senza usare il mulinello.  Quando la canna è in verticale, riavvolgo il filo in eccesso e ricomincio. Questi colpetti producono degli spanciamenti molto graditi ai predatori. Se voglio farlo lavorare più a galla mantengo la canna in alto, e procedo sempre con continui movimenti di cimino.

Per questo tipo di pesca ritengo siano favoriti i mulinelli con un buon rapporto di recupero, perché così si riducono i tempi morti prodotti  quando si passa dai colpi di cimino al riavvolgimento con la manovella. Spesso il pesce attacca nel momento in cui lo shad-rap sembra avere un rallentamento, e se il filo non è in tensione è facile lisciare la ferrata.

La costruzione

 

Rispetto ai minnow classici i due modelli presentati sono un po’ più complicati da costruire: lo shallow per la piegatura a L che necessita la paletta, il deep per la costruzione e montatura dell’anima d’acciaio, che deve arrivare fino al centro della paletta inclinata.  Stampando le forme rappresentate nelle figure 1, 2, 6 il lavoro sarà più agevole, perché queste sono in scala 1:1. Le potremo quindi usare sia per ricavare le sagome necessarie, sia per confrontare i vari tratti da piegare nella costruzione dell’anima d’acciaio. Le misure delle figure si riferiscono ad un minnow di 9 cm, per altre dimensioni basterà ingrandire o rimpicciolire le sagome.

In figura 1 sono riportati tutti gli “ingredienti” necessari alla costruzione del modello deep, per lo shallow basterà sostituire la paletta e l’anima, come si vede in figura 6.

Procuriamoci quindi:

-          un pezzo di balsa 10x3x2 cm;

-          una lastra di policarbonato (o vetro artificiale, quello in plastica) di spessore 1mm per le palette (oppure di 2 mm);

-          24 cm circa di filo di piombo da 1mm per appesantire il corpo;

-          anellini per le ancorette e per l’attacco alla paletta (modello deep);

-          acciaio inox da 0.8 mm.

In aggiunta avremo bisogno del solito materiale per assemblare e pittare il tutto:

-          colla epossidica bicomponenete per le palette;

-          attak;

-          stucco catalitico bicomponente (il migliore che ho provato è l’arexon);

-          impregnante;

-          vernici per livrea e protezione finale.

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Figura 1: gli “ingredienti” per la costruzione dello sha-rap deep runner

 

Il Deep Runner

 

E’ buona norma prepararsi delle tavolette di balsa aventi lo stesso spessore del minnow da costruire (nel nostro caso 2 cm). In questo modo, disegnata la sagoma, il pezzo da sgrossare è già nella misura che ci serve ed evitiamo di scartare troppo legno per ottenere lo spessore desiderato. Se conosciamo un falegname o hobbysta che disponga di una pialla a spessore il gioco è fatto.

Stampiamo la foto degli ingredienti e ritagliamo la sagoma del modello deep (oppure disegniamola con carta copiativa).

Riportiamo sul blocco di balsa la figura e cominciamo a scartare il legno con un taglierino (l’ideale è un seghetto elettrico da traforo). Una carteggiata su dorso e pancia per appiattirlo ed abbiamo ottenuto il primo grezzo che compare in alto nella figura 1.

Stampiamo la forma del dorso in figura 3, ritagliamola e appoggiamola sulla schiena del grezzo per disegnare il contorno con un pennarello a punta fine; tracciando una linea che divide a metà lo spessore del dorso sarà più facile disegnare correttamente la sagoma.  

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Figura 2: la sagoma per il dorso degli shad-rap

 

Togliamo la balsa eccedente scartavetrando con grana grossa oppure con una piccola raspa da modellismo.

Ora c’è il lavoro più rognoso: cominciamo a carteggiare i fianchi del grezzo con carta vetrata n°120; per ottenere la pancia in modo uniforme con un profilo a V, occorre alternare la carteggiatura continuamente a dx e sx.. Possiamo aiutarci anche qui tracciando una linea di mezzeria sulla pancia del pesce, per evitare di togliere più legno da una parte o da un’altra. Fatta la pancia si passa alla schiena, sempre alternandosi a dx e sx, fino ad ottenere la seconda sagoma della foto 1; si ultima il lavoro con carta più fine (180, 200, ecc).

Prendendo come riferimento la stampa degli ingredienti, facciamo il taglio che conterrà la paletta. Massima attenzione al fatto che questo dovrà contenere la paletta inclinata, senza pendere a dx o sx rispetto alla linea della pancia; diversamente il pesce spancerà solo da un lato.

 Ora facciamo sulla pancia il taglio che conterà l’armatura, iniziando con un seghetto per ferro e ripassando con una sega a lama tonda, per creare un solco sufficientemente ampio e regolare da contenere l’armatura metallica e la piombatura.

Per realizzare la paletta si riportano sulla lastra di policarbonato da 1 mm le rispettive 2 sagome di figura 1, disegnando la forma con un pennarello, e si ritaglia il tutto.  L’utilizzo del policarbonato non è casuale, è sufficientemente rigido ma si lavora e si piega molto meglio rispetto al plexiglass, che invece tende a scheggiarsi facilmente. Spesso nei negozi Brico lo si riconosce perché disponibile in lastre da usare al posto del vetro per fare dei quadri infrangibili.

Le 2 palette ricavate vanno sovrapposte, prendendo come riferimento il buco centrale, e incollate con l’attak. La paletta più piccola serve a rinforzare quella grande, per non farla spaccare con un uso prolungato. In alternativa possiamo anche usare un unico pezzo preso da una lastra di 2 mm (si prende solo la paletta più grande). Nel primo caso la paletta sarà più idrodinamica e produrrà un nuoto più vivace.

Proviamo la paletta nell’incavo, che sarà leggermente più largo proprio per correggere eventuali imperfezioni durante il fissaggio. Guardando frontalmente la nostra esca, la paletta, inclinata in basso, non dovrà debordare da un lato; diversamente il pesce scarterà a dx o sx.

Ora è necessario realizzare l’anima metallica; si procede come mostrato nelle figure 4, 5, 6.

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Figure 3-4-5: le varie fasi della piegatura dell’anima per il deep runner

 

Tagliamo uno spezzone di acciaio lungo 20 cm, fatto l’occhiello pieghiamo a 90°, come si vede in figura 4.

La lunghezza del tratto piegato deve essere uguale alla distanza tra il buco, dove entrerà l’occhiello, e la fine della paletta. Successivamente si tratterà di lavorare l’anima fino ad ottenere la figura 6. Per controllare la lunghezza dei vari tratti di questa facciamo riferimento alla stampa degli ingredienti, che contiene i vari pezzi in scala 1:1, e marchiamo con un pennarello indelebile i vari tratti da piegare ogni volta.

Fatta l’armatura metallica, la si prova nell’incavo insieme alla paletta, prima di incollare il tutto, per correggere eventuali difetti. Se tutto è ok, la fissiamo con qualche goccia di attak, solo per tenerla ferma al legno, e si procede con la piombatura.

I 3 pezzetti di piombo di figura 1, quanto serve per appesantire il corpo mantenendolo galleggiante, vanno inseriti in modo da concentrare il peso verso la parte anteriore (testa più pancia), perché questa è la zona che contiene più legno, e quindi massa galleggiante.

Mettiamo qualche goccia d’attak sul primo pezzo di piombo ed inseriamolo dentro la scanalatura della pancia, aderente all’anima metallica, in modo che sia disposto dalla testa alla coda. Per introdurlo bene ci si può aiutare con uno di quei piccoli cacciaviti da elettronica. Sopra a questo mettiamo il secondo pezzo, che andrà disposto dalla testa fino a mezzo cm prima della coda, poi  il terzo ancora più corto, sempre per distribuire il peso in proporzione alla massa legnosa. Le parti tagliate per accorciare i pezzi di piombo andranno messe sotto la pancia, fissate con una piccola goccia di colla, solo per tenerle insieme  durante la lavorazione e rimuoverle facilmente se c’è qualche errore.

Quando armatura e piombo sono sistemati possiamo provare la galleggiabilità.

Incastriamo la paletta nello spazio apposito, mettiamo gli anellini e le ancorette e poniamo il minnow nel lavandino con l’acqua. Anche se la costruzione non è ancora ultimata, perché manca la stuccatura, verniciatura e fissaggio della paletta, se il nostro artificiale non ha difetti di piombatura lo vedremo galleggiare orizzontalmente, meglio se leggermente inclinato in basso nel davanti. Qualora fosse la coda ad essere inclinata in basso dovremmo riposizionare il piombo, perché il nuoto sarebbe smorzato.

Fatto il test asciughiamo la balsa con un phon, fissiamo definitivamente l’armatura interna con l’attak e tamponiamo con stucco catalitico bicomponente fino alla zona della paletta. Questa sarà fissata con la colla epossidica, facendo la massima attenzione al suo allineamento. Quando il tutto sarà asciutto la stessa colla potrà essere usata per fare un eventuale gradino che rinforzi la parte inferiore della paletta, perché è molto resistente.

 

Lo Shallow Runner

 

La costruzione segue gli stessi passi del deep runner, tranne che per l’anima e la paletta.

Per l’armatura la forma sarà quella indicata in figura 2 che, essendo in cala 1:1, useremo anche come riferimento.

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Figura 6: sagoma ed anima dello shallow-runner

 

L’incavo che contiene la paletta, come si vede nella stessa figura, sarà orizzontale, eseguito con le medesime modalità già spiegate, mentre per la paletta stessa prenderemo la più piccola delle 2 presenti nella foto degli ingredienti.

Per formare la piegatura a L usiamo il calore del phon o di un piccolo fornello; io la faccio ad occhio, ma all’inizio sarà utile disegnare 2 linee orizzontali, perfettamente parallele, che la dividano in 3 zone, come si vede in foto 7 (le linee sono disegnate a mano, solo come esempio).

Cominciando dalla parte numerata in figura con 1, teniamo ferma la paletta con una pinza lungo la linea e pieghiamo dolcemente usando il calore. Facciamo la stessa cosa sulla parte 3, ma dal lato opposto. Alla fine la sagoma risulterà come in figura 8.

Il fissaggio sul corpo si ottiene sempre con la colla epossidica.

Per un corretto movimento dell’esca durante il nuoto nell’occhiello di testa deve essere inserito un anellino, come quello presente in figura 1.

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Figura 7: le varie fasi di piegatura della paletta a “L”

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Figura 8: la paletta finale

 

 

La verniciatura finale

 

Posizionata la paletta e carteggiato lo stucco, diamo una mano di turapori per impermeabilizzare, una mano di fondo bianco e passiamo alla livrea finale. Qui ognuno può sbizzarrirsi come meglio crede perché sul colore più adescante si potrebbero scrivere fiumi di parole. Personalmente ritengo che questi faccia la differenza solo in rari casi; il discorso cambia quando peschiamo in situazioni di bassa visibilità, come la sera o con acqua torbida.

Considerando che il pesce, con le ovvie differenze tra le specie, non distingue i particolari in acqua cristallina ad una distanza superiore ai 3-4 mt, anche le livree dettagliate disegnate minuziosamente con l’aerografo a mio parere sono ininfluenti; ciò che conta è il colore d’insieme che assume l’artificiale.

Nella figura 9 sono riportate alcuni esempi di colorazioni: quella rosso flou la utilizzo nelle condizioni di bassa visibilità, quella nera in acque molto limpide e le rimanenti sono imitazioni della classica livrea con fianchi argentati o dorati.

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Figura 9: alcuni shad-rap finiti

Per ottenere queste ultime due ho usato la parte interna di una busta di patatine (colore argento)  o quella di un cioccolatino Ferrero rochè (colore dorato). Il famoso cioccolatino ha una trama che sembra la copia perfetta dell’originale finlandese; un’imitazione alternativa della livrea argentata invece si ottiene con la carta dei baci perugina (che però è meno brillante della rispettiva per patatine).

Un’ultima tinta utile per il nostro campionario di esche, è quella fosforescente, già descritta nel relativo articolo “il minnow fosforescente”.

Per la protezione finale dell’esca uso la vernice KK1, adoperata nelle legature per gli anelli delle canne da pesca. Si tratta di una resina epossidica bicomponente reperibile nei negozi di pesca in una pratica doppia siringa. Miscelata la quantità necessaria, si stende con un normale pennello; dopo 1 ora è già asciutta al tatto e dopo 24 ore ci possiamo pescare. Il film creato è elastico, non si screpola né ingiallisce col tempo, ed è molto resistente; con un paio di mani il nostro pesce sarà indifferente a rovi, ami, rocce e denti d’esocidi.

Un ultimo accorgimento: mettere un finalino con girella, anziché legare direttamente la lenza madre all’occhiello di testa, migliora il nuoto di entrambi i pascetti. Sconsiglio però di fare il finale tipo “nodo rapala” con il tracciato per lo shallow runner; una volta mi è successo che l’asola, rimanendo schiacciata (a differenza del nylon), si è infilata nelle pieghe dell’anellino fino ad uscire, causando la perdita dell’artificiale durante il lancio.

L’esca è pronta, non ci rimane che provarla in tutti quei posti dove avevamo paura di perdere il costoso originale.

 

 

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