TECNICA

 

 

 

Spinning al siluro: le armi

 

Testo e foto di Mario Narducci (05/2004)

 

 

 

Lo spinning al siluro non è più una novità ed un numero sempre maggiore di lanciatori si mostra incline ad accettare il nuovo confronto che ci si offre di pari passo alla ormai continua diffusione della specie sul territorio nazionale. Ricordo quando alla fine degli anni ’80 cercavo qualcuno che mi potesse offrire valide indicazioni per impostare questa tecnica allora inusuale.  Non si sapeva a chi chiedere: la stragrande maggioranza dei colleghi pescatori usava l’esca naturale abbinata –almeno nelle frange più evolute- ad attrezzature marine, mentre i negozianti…lasciamo perdere! Se ripenso agli esemplari mostruosi (non sto scherzando per nulla!!) che ho persi dopo breve lotta per non essere supportato da canne e monofili adeguati ci sarebbe da mangiarsi ancora le mani per la rabbia!  Eppure la situazione era quella e l’unica strada che si apriva innanzi consisteva nello sperimentare, a prezzo di cocenti delusioni personali, quanto fosse necessario alla bisogna. Addirittura per un lungo periodo iniziale mi era risultato impossibile riuscire a catturare un pesce che uno. Ad ogni ragionato e progressivo aumento di potenza dell’attrezzatura messa in campo, rispondeva il sudato aggancio con un pinnuto in grado di sfasciare il tutto senza apparenti eccessivi problemi. Alla fine la delusione accumulata era stata tanto intensa da farmi meditare seriamente l’abbandono stesso della pesca! Insistendo però i risultati positivi erano iniziati e con essi l’intima soddisfazione per esservi giunti in modo autonomo. Oggi per fortuna quei primi tentativi pionieristici sono un lontano ricordo e posso quindi con malcelato orgoglio continuare  a perdere siluri, munito stavolta di un’attrezzatura adeguata… Scherzi a parte, in realtà il combattimento coi glanis di maggiore taglia non è mai scontato e può sempre terminare con la più cocente sconfitta anche all’ultimo minuto e nonostante il proprio corretto operare. 

 

 

 

Vediamo allora di passare in rassegna le modalità che si offrono ai “folli” intenzionati lo stesso ad affrontare la sfida.

  La prima considerazione da svolgere riguarda il tipo di esemplare cui in prevalenza intendiamo rivolgerci. In effetti il siluro già ora, dagli stadi giovanili fino alla maturità, copre una incredibile gamma di taglie che vanno per intenderci da qualche decina di centimetri  a circa due metri e mezzo. Trattandosi poi di una specie davvero longeva, introdotta relativamente da poco nell’ambiente, non sappiamo nemmeno con precisione quanto ed in quanto tempo completerà l’assetto della propria popolazione che nei territori di origine comprende pesci fino a tre – quattro metri di lunghezza ed oltre, per svariati quintali di peso. 

 

 

Date le premesse appare pertanto evidente come non si possa in alcun modo generalizzare lo spinning al glanis in un’unica forma, bensì occorra precisare nel dettaglio l’ambito all’interno del quale ci si intende muovere. Esistono ad esempio ambienti laterali minori dove prevalgono gli individui immaturi che possono essere insidiati in maniera agevole e godibilissima con uno spinning leggero, diciamo per chiarezza con esche fino a circa 10 grammi di peso ed attrezzature indirizzate al cavedano. Salendo ad uno spinning medio (artificiali dai 10 ai 20 grammi circa, abbinati a canne e mulinelli specifici per luccio e trote di fiume) le possibilità si ampliano in modo sostanziale consentendoci l’approccio all’intero corso degli affluenti minori ed alle zone più aperte e calme dei fiumi maggiori. Esistono a tale proposito gruppi di lanciatori che hanno scelto in maniera preferenziale una simile impostazione proprio per esaltarne la sportività, sia pure al prezzo del rischio di perdere gli esemplari migliori con l’artificiale conficcato nelle fauci. Lo spinning pesante (artificiali oltre i 20 e fino a 40 grammi circa, associati ad attrezzature da lancio marino o da grande predatore) è compatibile con la ricerca di glanis di grosse dimensioni sia in acqua libera sia presso le tane (sbarramenti, piloni di ponte, pennelli ecc.), ma mostra ancora limiti evidenti nei confronti degli esemplari maggiori. 

 

 

Esiste infine uno spinning che definirei “ultra-pesante” indirizzato all’impiego di esche dai 50 ai 100 grammi ed oltre, tramite l’uso di canne specifiche per il siluro con potenza fino a 100 – 200 grammi. Al momento esso raccoglie un insieme di tecniche che in futuro vedranno meglio precisato il loro spazio di impiego, ma che hanno in comune il fatto di metterci in grado di affrontare col massimo delle attuali possibilità di successo il confronto coi giganti della specie, ricercati con pazienza ed insistenza da quel limitato manipolo di appassionati lanciatori giunti a tale specifica ricerca.

 

 

Per quanto riguarda il necessario abbinamento di mulinelli e lenze agli impianti di pesca accennati, dovremo ricordarci di dare prevalenza alla potenza più che alla velocità di recupero, affidandoci ad attrezzi di qualità garantita. Non sarebbe la prima volta vedere mulinelli nuovi semplicemente distrutti dal siluro di turno, che –quel che è peggio- se ne era andato insalutato ospite. Le dimensioni minime per un serio confronto vanno pertanto da quella “4.000” per lo spinning medio (nylon 0.35-0.40), alla “5.000” per quello pesante (nylon 0.40-0.50) ed a salire alla “6.000” ed oltre per quello ultrapesante (nylon 0.50 e più). Come ovvio andranno altrettanto bene lenze in “trecciato” di analoga potenza, che però ci faranno guadagnare in distanza di lancio potendo vantare diametri sensibilmente inferiori.

 

Un discorso a parte merita infine il casting, ossia quella tecnica caratterizzata dall’abbinamento di specifiche canne al mulinello “moltiplicatore”, altrimenti detto a “bobina rotante”. Si tratta di un insieme ergonomico di spiccata potenza, in grado di ridurre in modo sostanziale la fatica dovuta all’utilizzo di esche voluminose e pesanti, di permettere l’uso di lenze di grande diametro senza le penalizzanti torsioni tipiche dei classici mulinelli a “bobina fissa” e quindi in buona sostanza di ridurre a parità di prestazioni il peso dell’attrezzatura, a tutto guadagno del confort della nostra azione.

Di contro stanno l’esigenza di un più o meno lungo praticantato per il suo corretto esercizio e la necessità di un certo spazio libero per una corretta operatività, cosa non sempre possibile soprattutto agendo dalla riva.

 

In realtà la schematica e teorica suddivisione sopra accennata trova poi nella pratica tutta una serie di eccezioni e limitazioni, la prima delle quali legata a “messer” siluro stesso, in grado talora di accettare senza troppi complimenti l’esca indirizzata nelle intenzioni ai propri nipotini oppure, al contrario, al relativo genitore. Ma, come ben sapete, la pesca è fatta anche di queste cose…

Proviamo allora ad esemplificare alcune di queste ulteriori condizioni, tenendo conto delle quali saremo in grado di calibrare meglio la nostra azione, suddividendole per comodità in due categorie, facilitanti oppure ostacolanti.

Fra le prime possiamo senz’altro includere l’eventuale ausilio di un’imbarcazione. Con essa non solo si potranno sondare in maniera agevole e celere le postazioni più promettenti, ma in caso di catture di rilievo saremo in grado di assecondare la fuga dell’esemplare record semplicemente seguendolo fino a che si stanchi. In tal caso potremo dunque alleggerire anche di molto la nostra attrezzatura senza troppo perdere d’efficacia. Un’altra situazione a noi favorevole è rappresentata dall’operare da una riva bassa, in genere sabbiosa, dove ci sia agevole assecondare le eventuali fughe dell’avversario di turno. Ancora una volta in simili condizioni potrà essere adottato un impianto di pesca meno potente, senza troppi ripensamenti. Al contrario qualora dovessimo agire da punti fissi della sponda come l’estremità di pennelli, oppure  malagevoli come prismate lambite da importanti correnti,  ossia in tutte quelle posizioni in cui viene esaltata la necessità di un crudo confronto fra le forze messe in campo da ciascun antagonista, risulta evidente come la gran parte delle nostre possibilità di successo siano legate proprio alla solidità dell’attrezzatura impiegata, la quale per necessità andrà sovradimensionata.

 

Alla fine di questa lunga ed articolata disamina quali conclusioni è possibile trarre?

Pensando a chi si sta approcciando da poco al siluro, direi almeno due. In primo luogo è possibile avvicinarsi da subito allo spinning dedicato al nuovo predatore mettendo in campo l’attrezzatura e l’esperienza già maturata con gli altri “avversari” fin qui affrontati. Si tratta solo di essere consapevoli dei limiti che tale impostazione ben presto rivelerà nei confronti dei pesci di maggiore dimensione. D’altra parte in tal modo potremo verificare dal vivo e senza troppo sforzo la corrispondenza di questo spinning innovativo con le nostre personali inclinazioni.

In un secondo tempo, qualora ne avessimo tratto soddisfazione, potremo indirizzarci, una volta muniti di specifici attrezzi, alla ricerca degli esemplari dai 10 ai 50 chilogrammi, che rappresentano da un lato un target abbastanza rappresentato in termini di numerosità in quasi tutte le acque colonizzate dalla specie e dall’altro una taglia abbastanza grande da consentirci di sperimentare una pesca a lancio del tutto nuova ed appagante. Per gli esemplari ancora superiori, al momento relativamente pochi e difficili, ci sarà sempre tempo. In bocca al siluro…

 

Mario Narducci

 

 

 

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