TECNICA

 

 

 

 

 

Tecnica di approccio alla Trota nei piccoli torrenti di montagna.

 

Testo e foto di Filippo Fuligni - Luglio 2006

 

 
 

Innanzi tutto comincio parlandovi un po' di me, voi direte: “che cavolo c'entra?”. Poco forse, ma secodo me serve per farvi capire qual'è la mia idea della pesca.

Fino all'età di 22 anni ho vissuto in collina in mezzo hai boschi, con due torrenti che scorrevano pochi km a destra e a sinistra da casa mia, in realtà fino all'età di 10 anni quasi li ignoravo, poi un giorno mio padre mi mise in mano una delle sue canne di bamboo, e mi disse: “Oggi andiamo a pescare le trote!”. Per me fu quasi un colpo di fulmine, mi innamorai immediatamente di questo pesce, dalla livrea stupenda, di quelle sue macchie rosse, che riesce a vivere in rivoli microscopici di acqua cristallina, e nello stesso tempo essere aggressivo e possente. Praticamente i successivi 4 anni li ho passati sempre sulla riva di questi torrenti, con la mia fida canna di bamboo, poi un giorno venne a trovarmi il fidanzato di mia cugina (oggi suo marito da oltre 20 anni ....) , pescatore “cittadino”, che si presentò con una cannettina di quasi 2 mt, un mulinello, e una manciata di “cosi” dalla paletta argentata, rimasi stupito, ma rimasi ancora più stupito quando cominciò ad infilare una trota dietro l'altra. In quel momento mi resi conto che quella tecnica rappresentava quello che inconsciamente era per me la pesca; per dirla all'inglese: one man, une rod, one lure, restando immersi nella natura e nello spettacolo che solo ambienti montani incontaminati o quasi possono dare.

Da allora le trote le pesco quasi esclusivamente a spinning, anche se sono passati 2 decenni e spiccioli. Dopo tutti questi anni, voi penserete che possegga una grossa esperienza e sia bravissimo, in realtà non lo penso e non mi interessa neanche, anche perchè chi nella vita pensa di sapere e pontificare sugli altri, in realtà è un coglione che sa due cose in croce, e quando troverà (e lo troverà di sicuro) uno che sa più di lui si sentirà un, appunto, coglione. Io al contrario, cerco sempre di trovare chi ne sa più di me (cosa molto facile....) per migliorarmi, non solo, ma bisogna sapere ascoltare anche chi pensa di essere un principiante, perchè tutti hanno qualcosa da darti, e questo vale nella pesca, ma soprattutto nella vita.

Finite le divagazioni filosofiche, torniamo a razzo su cose più interessanti.

L'idea di scrivere questo pezzo l'ho avuta, perchè girellando sul sito BassMaster, ho notato la mancavnza di qualcosa dedicato alla trota, che in fin dei conti è tuttora considerata una preda ambita, anche se ultimamente il black bass la sta facendo da padrone.

 

La trota, il suo ambiente ed il suo comportamento.

 

Per prima cosa direi di cominciare a descrivere il comportamento del pesce, niente di scientifico, ma cercherò di spiegare quello che la mia esperienza mi ha insegnato. Innanzitutto sto parlando della trota fario, che è la varietà autoctona dei piccoli torrenti montani dell'appennino, caratterizzati da scarsa portata, ed il corso fatto principalmente da buche più o meno profonde e più o meno numerose. Molti la definiscono come un pesce estremamente furbo, in realtà, secondo me, la definizione più corretta sarebbe: molto sospettosa e timida. L'opinione sulla sua furbizia è maturata nel tempo a causa del fatto che se nota un minimo accenno di presenze e/o movimenti strani sulle sponde, scappa a gambe levate (ops.... pinne levate) e col piffero che abbocca a qualsiasi esca, ma questa non è furbizia, ma paura, infatti se riusciamo a fare arrivare la nostra esca senza che il pesce abbia sentore della nostra presenza, che questo abboccherà sicuramente, senza nessuna remora.

Questi comportamenti sono influenzati ovviamente dall'ambiente in cui la trota vive, e cioè piccoli torrenti, con poca acqua limpidissima, e quindi con poco cibo, con piccole buche dalla corrente spesso veloce, con la conseguenza che il cibo trasportato dalle acque, la trota lo deve acchiappare il più velocemente possibile, altrimenti passa oltre

 

 Illustrazione 1 : Questo è un tipico torrente appenninico, caratterizzato da portata di acqua ridota ed un continuo susseguirsi di pozze più o meno grandi.

 

 

 

Per poterla insidiare occorre però sapere dove essa sosta, per fare arrivare la nostra esca a portata di fauci.

 

  Illustrazione 2 : Prendendo esempio da questa immagine, un corretto approccio a questa buca è effettuare il lancio nel punto 1 e recuperare facendo uscire l'esca al punto 3. Nel caso non ci siano attacchi può essere utile effettuare un lancio nel punto 2 recuperando sempre verso il punto 3, questo perchè ci potrebbero essere delle trote in caccia anche ai lati della buca, anche se nella maggior parte dei casi si tratta degli esemplari più piccoli

 

 

La risposta può essere secca, e cioè, dove l'acqua entra nella buca. L'affermazione è corretta, e valida nel 90% dei casi, ma chiariamo meglio questo aspetto che può essere più complesso. Le trote, specialmente quelle più grosse, stanno per la maggior parte del loro tempo rintanate in tane naturali formate dai massi più grossi del fondale, dalle quali esce per pochissimo tempo durante il giorno, e in certe condizioni può non uscire per giorni, preferisce quelle più ossigenate e quelle dove la corrente gli fa arrivare il cibo direttamente tra le fauci, quindi preferisce sostare nelle tane immediatamente sotto l'entrata dell'acqua nella buca. Occorre comunque osservare la conformazione della buca e capire se ci sono anche altre tane, magari ai lati della corrente principale, in quanto è probabile che anche li sostino dei pesci in agguato. In situazioni come queste  va lanciato il nostro artificiale esattamente dove entra l'acqua e fatto lavorare per tutto il corso della corrente principale, stando attenti a farlo passare davanti alle principali tane, in modo che passandogli davanti al naso, faccia scattare l'attacco.

Essendo le buche generalmente piccole, a volte anche meno di mezzo metro, la precisione del lancio riveste una importanza fondamentale, in quanto un lancio “corto”, spesso non lascia il tempo al pesce di sferrare l'attacco, a volte anche un errore di 20 cm fa la differenza tra una cattura ed un attacco a vuoto.

 

  Illustrazione 3 : In una pozza come questa, un lancio sbagliato anche di pochi cm, che non fa cadere l'artificiale esattamente dove entra l'acqua, impedisce, quasi sicuramente, alla trota di sferrare con successo l'attacco.

 

In condizioni normali, come quelle sopra descritte, quindi con acqua chiara, e magari temperatura elevata, l'attività delle trote è limitata a pochi minuti durante il giorno, e più grosse sono le trote minore è questa finestra di attività. Nei piccoli torrenti, in genere non c'è una grossissima differenza di attività in base all'orario, in quanto, in genere tali torrenti hanno una notevole ombreggiatura arborea (le trote fario non sono amanti della luce diretta), e quindi è possibile trovare trote attive (magari poche) durante tutto il giorno, anche se una maggiore concentrazione c'è durante i momenti “topici” e cioè alba e tramonto, magari in occasione di qualche schiusa di insetti. In conclusione, in condizioni normali, qualche trota attiva c'è sempre, ma va trovata. Facendo un calcolo spannometrico ed utilizzando l'infallibile sistema occhiometrico, se viene dato 100 il numero di trote presente in un tratto di torrente, non più di 8/10 sono attive in un dato momento, trote degne di questo nome, in quanto trotelle sotto i 15/18cm sono attive e fameliche sempre e comunque.

Questo in condizioni normali, il discorso cambia quando siamo in presenza di perturbazioni, prima che arrivino c'è un incremento dell'attività, ma il momento magico si ha quando il livello dell'acqua comincia ad alzarsi, cominciando ad intorbidirsi. Il top si a quando le acque, sia in crescita, che in calata, si velano leggermente, ma non sono proprio torbide, in questo momento tutte le trote sono in caccia, ed è il momento migliore per insidiare i pezzi migliori. I pesci entrano in attività frenetica, e perdono qualsiasi timore, anche perché a causa della velatura dell'acqua, non ci vedono, in questi momenti le possiamo trovare in qualsiasi punto della pozza, magari in agguato dietro ad un sasso, o dietro un giro di corrente. In questi casi io cerco di lanciare l'artificiale sempre dove cade l'acqua, ma lo faccio passare ai lati della corrente principale, effettuando un recupero più lento possibile, non va disdegnato comunque di lanciare anche più distante dalla corrente principale. Ricordiamoci comunque che la trota cerca sempre di usare meno energie possibili, quindi tende comunque a sostare dov'è la corrente che gli porta il cibo, e che quindi dobbiamo cercare di fargli arrivare lì davanti la nostra insidia.

In generale i periodi migliori in cui trovare il maggior numero di trote in attività sono: aprile-maggio, quando la primavera comincia a scaldare l'ambiente, aumenta il cibo a disposizione, e le trote si riempiono la pancia per rifarsi della dieta forzata invernale, e settembre quando la temperatura comincia a calare, si avvicina l'inverno, e i pesci cercano di accumulare riserve per l'inverno.

Bene, fino ad ora o cercato di spiegare che pesce abbiamo di fronte, adesso occupiamoci di come insidiarlo.

 

L'attrezzatura.

Ribadisco che l'attrezzatura che elencherò è dettata dalla mia esperienza personale, e che quindi non è da ritenersi, ovviamente, un verbo assoluto, anzi, anche perché ognuno ha una metodologia di pesca propria con cui si trova meglio; cercherò di indicare comunque dati oggettivi e non indicherò nessun nome di marche o aziende particolari.

Partendo dalla canna, occorre un attrezzo lungo da 150cm a 210cm a seconda dell'ampiezza del torrente, ma soprattutto dell'agibilità della sponda, che riesca a lanciare fino a 10/12gr . Deve essere abbastanza nervosa, per poter rispondere immediatamente all'attacco fulmineo della trota, ma nello stesso tempo, non un paletto, per non strappare letteralmente l'esca dalla bocca del pesce, e per poter lanciare correttamente a “balestra” (ma questo lo spiego meglio dopo). Io personalmente pesco con una canna lunga 180cm (6piedi) che lancia fino a 10gr, abbastanza rigida,  sufficientemente morbida di punta per un corretto lancio, ma con una discreta riserva di potenza per poter forzare pesci di discrete dimensioni.

Il mulinello non deve essere eccessivamente grosso, al massimo uno di taglia 2500, anche se io preferisco di gran lunga i 1000. Devono essere veloci nel recupero, e soprattutto robusti, in quanto devono “lavorare” parecchio, e reggere i frequenti urti con rocce e quant'altro.

Io imbobino sul mulinello un monofilo (ultimamente fluoclear) dello 0.20, perché è quello che da il migliore compromesso tra lanciabilità e robustezza, occorre infatti tenere conto che gli incagli sono frequentissimi, anche con gli alberi intorno al torrente. In caso si voglia utilizzare esche ultraleggere si può scendere di diametro, ma io non scenderei troppo . Comunque questo argomento dipende dai gusti personali, l'unica cosa che mi sento di dire è che non si deve eccedere verso il basso con il diametro del filo se questo può comportare il rischio di lasciare un artificiale in bocca al pesce; un rotante del 2 cucito in bocca ad una trotella di 20 cm la condanna a morte certa.

A trote non ho mai usato il trecciato, in quanto mi sembra troppo visibile, ma ammetto che forse questa è una mia remora personale, in quanto, in condizioni normali non ho mai notato differenze di catture usando fili più o meno visibili.

 

Le esche.

E' giunto il momento di parlare degli artificiali, e so già che qui mi attirerò le ire di tutti quanti, perché dirò delle cose che forse vanno contro le convinzioni di molti soprattutto sui rotanti. Partiamo proprio da questi ultimi, che sono da considerarsi l'esca principe per l'ambiente qui trattato, vanno scelti nelle dimensioni più piccole, scelta dovuta pincipalmente alle ridotte dimensioni dei corsi d'acqua, quindi rotanti con cavalierino fino al nr. 3, rotanti con paletta sull'asse fino a 9 gr, anche se io utilizzo al 95% rotanti del nr.1 o da 3-4 gr. Questo perché rappresentano il migliore compromesso tra lanciabilità, profondità dell'acqua in cui si pesca e dimensioni dell'esca. Rotanti del nr.0 o da 2gr, sono leggeri e anche se potrebbero lavorare bene in queste acque hanno due difetti: si lanciano peggio e rimangono attaccate sistematicamente trotelle di pochi cm. Rotanti del nr.2-3 o di 6-9gr, se il torrente è veramente piccolo, affondano troppo e incagli praticamente ad ogni lancio; da buon autocostruttore un compromesso l'ho raggiunto facendo dei rotanti con il corpo (e quindi il peso) di un rotante del nr.1 o meno, accoppiato ad una paletta e l'ancoretta di un nr.2, ho così i vantaggi di un rotante più piccolo, ma anche quelli di uno più grosso, che sono: maggiore selezione della taglia e possibilità di effettuare recuperi più lenti radenti il fondo. Per quanto riguarda la colorazione delle palette/corpi dei rotanti, mi considero controcorrente, perché per me è assolutamente ininfluente. In linea di massima in oltre vent’anni non ho mai, e ripeto mai, notato la più che minima differenza di attacchi tra l'uso di una colorazione rispetto ad un altra. Cosa più importante della colorazione è il comportamento dell'artificiale. La colorazione può assumere una connotazione importante solo se si sta parlando di visibilità, mi spiego meglio facendo degli esempi. Caso 1: pozza completamente sgombra da vegetazione e sole a picco, l'uso di artificiale con paletta argentata/lucida può essere controproducente, perché può emettere dei bagliori troppo accentuati, e quindi può sembrare un animaletto di dimensioni più grandi del dovuto e quindi spaventare la trota. Caso 2: acqua velata o comunque poca visibilità, in questo caso è consigliabile l'utilizzo di artificiali che risaltano al massimo la poca luce, quindi una paletta argentata è consigliabile. In tutti gli altri casi la differenza di colorazione serve per fare abboccare il pescatore e non il pesce. Ricordo che si sta parlando di corsi d'acqua di ridotte dimensioni, in cui le risorse alimentari per i pesci non sono tantissime, quindi difficilmente si lasciano sfuggire l'occasione di mangiare qualcosa anche se di colore non di loro gradimento. Quindi se guardaste nella mia scatola di artificiali, trovereste tutti artificiali molto semplici, con la classica paletta argentata e/o dorata, con alcune eccezioni di artificiali con paletta nera o comunque scura da usare in caso di sole a picco o torrenti con elevata pressione alieutica per offrire qualcosa di nuovo e mai visto prima.

 

Illustrazione 4 : Questi rotanti invece hanno la paletta inserita sull'asse. Nella riga superiore sono presenti artificiali autocostruiti da 2 a 6 grammi, mentre quelli della riga inferiore sono commerciali e sono anch'essi da 2 a 6 grammi.

 

 

 

Illustrazione 5 : Ecco alcuni esempi di cucchiaini rotanti con cavalierino. Nella riga superiore ci sono degli autocostruiti, partendo da sinistra dal nr.0 al nr.3, gli ultimi 2 della riga sono del nr.1 con paletta colorata. Nella parte inferiore sono rappresentati alcuni cucchiaini commerciali dal nr.0 al nr.2.

 

 

Un'altra tipologia di artificiali molto valida è quella dei cucchiaini ondulanti. Questi cucchiaini, in realtà li sto riscoprendo adesso, e devo dire che mi stanno dando delle soddisfazioni. In realtà in un piccolo torrente sono poche le buche che permettono un loro corretto uso, in quanto lavorano meglio in buche un po' più profonde e con corrente non troppo elevata, ma dove le condizioni lo permettono, hanno convinto più di una bella trota a dargli un bel morso. Per la mia esperienza, gli ondulanti da usare in queste condizioni sono quelli più piccoli, lunghi dai 3 ai 7 cm, pesanti dai 2 ai 10 grammi, dalla forma allungata. Ultimamente ho realizzato degli artificiali particolari, realizzando un ondulante accoppiando una lamina di acciaio/alluminio ad una lamina di piombo, in modo da avere un esca con volume ridotto ma molto più pesante al normale, in questo modo posso sondare anche le buche più profonde, senza che la corrente mi porti via l'artificiale prima che sia arrivato in prossimità delle tane sul fondo.

 

Illustrazione 6 : Cucchiaini ondulanti. Nella riga superiore sono rappresentati ondulanti autocostruiti, mentre in quella inferiore ondulanti commerciali.

 

 

L'ultima categoria di artificiali che porto sempre con me sono i minnow, anche se vale il discorso fatto per gli ondulanti quanto a condizioni di utilizzo. Anche i minnow li sto rivalutando ultimamente, in quanto li avevo snobbati sempre in favore dei rotanti, ma poi ho notato che in effetti sono un'arma micidiale nei confronti di trotoni presenti nelle grosse buche, non solo, ma per loro natura fanno automaticamente selezione, facendo in genere scattare all'attacco solo trote di una certa dimensione. I minnow che utilizzo in torrente sono in genere quelli piccoli affondanti, dai 3 ai 7 cm (con preferenza alle dimensioni minori), affondanti perché occorre farli arrivare velocemente davanti alle tane dei pesci e in genere le buche sono piccole e con forte corrente, quindi un minnow galleggiante non riuscirebbe mai ad entrare in pesca. Ottimi sono anche i piccoli crank da 3 a 5 cm. Se invece la buca è più grande, e la corrente moderata, allora anche un buon minnow galleggiante è ottimo, ed in questo caso, può valere la pena di tentare di effettuare un “non recupero”, cioè lasciare l'artificiale in superficie e con il cimino dare semplicemente dei colpetti per animarlo, in genere questo lo fa sembrare un pesciolino in estrema difficoltà, e se c'è una bella trota nelle vicinanze, l'attacco è garantito. Come colorazione, in genere io rimango sul classico, argento/nero, trota, nero/oro, però rimango dell'idea che questo aspetto sia secondario, perché in genere i pesci hanno poche frazioni di secondo per decidere l'attacco, e valutano l'aspetto d'insieme più che il colore esatto, anche se avrei dei dubbi ad usare degli artificiali rosa shocking.

 

Illustrazione 7 : Minnow commerciali affondanti. Partendo dall'alto a sinistra: crank 4 cm, 5 cm,  2cm,  3cm, 2,5 cm, imitazione di camola 3cm

 

 

Illustrazione 8 : Minnow affondanti autocostruiti. Dall'alto a sinistra: 5 cm, 5 cm, 4,5 cm, 2 cm, 2,8 cm.

 

 

In realtà ci sarebbero altre categorie di artificiali che possono essere utilizzate per insidiare le trote, ma non le utilizzo quasi mai, e quindi non sono in grado di consigliarne l'uso, o di dissertare sul loro utilizzo, che comunque in genere è limitato rispetto agli artificiali precedentemente descritti, che riescono a coprire la totalità delle situazioni. Tanto per dovere di cronaca alcuni degli altri artificiali utilizzabili sono: esche siliconiche tipo grub, piccoli shad, pescetti siliconici (tutte esche micidiali in laghetto ma non così utili in torrente), imitazioni di insetti tipo cavallette, grilli ecc., volendo anche minnow wtd e popper.

 

Come si pesca.

Innanzitutto si pesca a risalire, e questo per due motivi fondamentali:

1)   Le trote stanno sempre con la testa rivolta in favore di corrente, quindi se ci avviciniamo da quella direzione è matematico che ci vedono e quindi scappano.

2)   Da come portano l'attacco all'esca, un recupero fatto da valle verso monte comporta una percentuale enormemente maggiore di slamature.

Quindi fermo restando il fatto di pescare a risalire il corso del torrente, per prendere le trote il nostro comportamento si può schematizzare in:

1)   non farsi vedere

2)   lanciare preciso dove entra l'acqua nella buca

3)   recuperare in modo che l'artificiale sia sempre in movimento e fare uscire l'artificiale dove esce l'acqua dalla buca.

Basta queste 3 cose fondamentali e si può già andare a pesca essendo certi di prendere qualcosa. Ovviamente tutto ha le sue eccezioni e piccoli accorgimenti che l'esperienza poi insegna, ma già attenendosi a queste poche essenziali regole siamo già in grado di pescare efficacemente nel 90% delle situazioni che ci si presentano. Le eccezioni al punto 2 le faccio nel caso la buca abbia una certa estensione in larghezza e che la sua lunghezza sia piccola, facendo prendere all'esca quest'ultima direzione non daremmo tempo al pesce di vedere l'esca e di attaccarla.

A questo punto volevo spiegarvi tutto più nel dettaglio sull'uso di un artificiale rispetto ad un altro, o comportamenti particolari, ma siccome non sono un gran che come relatore, cerco di fare degli esempi descrivendo una mia tipica battuta di pesca, con tutte le varie situazioni con cui vengo ad avere a che fare. 

In condizioni normali, cioè acqua bassa e limpida, comincio la battuta montando un rotante del nr1, come arrivo a buche un po' più profonde ma con corrente sostenuta innesco un rotante del nr.2, se invece la buca è si profonda, ma “corta”, utilizzo allora dei rotanti molto pesanti e compatti in modo che vadano subito sul fondo. Se invece una buca è più profonda, ma con corrente non troppo elevata,  posso fare 2 scelte, o utilizzo un ondulante, oppure un minnow affondante, quest'ultimo lo innesco se noto la presenza di piccole trote o vaironi, perchè in questo caso è altamente probabile la presenza di trote altamente ittiofaghe.

Se invece le acque sono velate il discorso cambia radicalmente, in quanto utilizzo rotanti del nr1 solo in buche molto piccole, mentre in quasi tutti gli altri casi utilizzo un rotante da me assemblato che ha il corpo di un nr1 e la paletta di un nr2, questo perché mi permette di utilizzarlo anche in buche meno profonde, ma nello stesso tempo mi permette di fare un recupero molto lento con l'esca che staziona per più tempo in zona di attacco e che è in grado di emettere molte più vibrazioni (cosa fondamentale in caso di acque velate). In caso di buche veramente profonde salgo fino a rotanti del nr.3.

Un'ultimo trucco riguardante l'approccio alla buca, occorre fare molta attenzione a non farsi scorgere neanche dagli eventuali pesci presenti in fondo alla buca stessa, questo perché si tende (almeno io tendo a farlo) a concentrarsi sul lato estremo, dove cioè entra l'acqua, e dove sicuramente c'è la trota più grossa, disinteressandosi dell'altro lato. Questo è un grave errore, perché spesso e volentieri questo lato è occupato dalle piccole trote, che appena ci scorgono scappano a pinne levate, mettendo in allarme tutta la popolazione ittica della buca, rendendo inutile qualsiasi altro tentativo di pesca.

 

Ho lasciato per ultimo un argomento squisitamente tecnico, che è quello del lancio, anche in questo caso sono abbastanza “anomalo” rispetto a molti, in quanto in torrente lancio quasi esclusivamente a balestra, praticamente in un anno di pescate in torrente farò 10 lanci non a balestra. Questo per svariati motivi:

1)   permette di fare lanci sotto la vegetazione con una efficacia quasi pari allo skipping.

2)   in genere non c'è spazio sufficientemente ampio e sgombro per un lancio sopra la testa lo laterale.

3)   si riesce ad avere una precisione di lancio difficilmente ottenibile con i sopracitati lanci.

4)   sono pigro e ho imparato a così, e sullo stretto non vedo perché devo bestemmiare in tutte le lingue per provare a fare altri lanci.

Per chi non lo conoscesse, il lancio a balestra si effettua prendendo l'artificiale con la mano sinistra e la canna con la mano destra (il contrario per i mancini), si lascia il filo leggermente più corto della canna, poi si tira l'artificiale, facendo piegare la punta della canna, e tenendo la canna parallela al suolo si indirizza verso il punto dove vogliamo lanciare, e si lascia andare l'artificiale, facendo in modo che la spinta per il lancio sia data dalla punta della canna piegata.

Dopo un po' di pratica (circa 3 o 4 miliardi di lanci possono bastare....) si riesce a centrare uno spazio di 20 cmq a 7-8 mt di distanza (e secondo una famosa legge di Murphy ce la fai quando non ci sono trote nella buca, e al contrario disboschi tutto il circondario in caso di buca piena di trote, ma questo è un'altro discorso....). Comunque a parte gli scherzi, la precisione del lancio è fondamentale forse anche più del tipo di artificiale montato, in quanto molto spesso la distanza a disposizione dell'artificiale è pochi cm in genere dai 50 ai 250, quindi se in una buca di 1 metro faccio un lancio corto di 30cm e soprattutto non in “bocca” al pesce, questo ha una piccola frazione di secondo per vedere  l'esca, decidere di attaccarla e sferrare l'attacco. Un lancio sbagliato già leva oltre il 50% di possibilità di cattura, anche perché è il primo lancio quello che conta, difficilmente la trota sferra un secondo attacco su una cosa che gli è già passata sotto il naso e che ha fatto un gran casino.

 

Come avrete notato, non ho parlato di tipologie di recupero perché in questi ambienti è irrilevante. Mi spiego meglio, viste le ristrettezze dell'ambiente, fisicamente non c'è ne spazio, ne tempo per effettuare recuperi particolari, questo non vuol dire che non ci siano dei fattori da tenere ben presente.

E cioè:

1)   l'esca deve sempre essere in movimento, e se si tratta di rotanti, la paletta deve essere sempre in rotazione.

2)   l'esca va fatta passare il più rasente possibile alle tane

3)   il recupero deve essere il più lento possibile, e il più radente il fondo possibile. Anche se questo ultimo accorgimento si può pensare di fare solo in pochi posti, in quanto si è quasi sempre di fronte a pozze basse con forte corrente, e quindi l'unica cosa possibile da fare è lanciare e recuperare a manetta appena l'artificiale tocca l'acqua.

 

Per ora mi fermo qui, spero di essere stato sufficientemente chiaro (conoscendomi ne dubito fortemente) ed avere aiutato qualcuno ad affrontare meglio un piccolo torrente di montagna.

 

Ma se da ora in poi saprete come affrontare questi piccoli corsi d'acqua (mamma mia come sono presuntuoso!), vi manca però di conoscere un altro aspetto della pesca alla trota, e cioè la pesca nei torrenti di fondovalle, dove la tecnica e l'approccio possono essere completamente diversi. Questo sarà l'argomento del prossimo articolo, realizzato da un losco figuro, al secolo Francesco Costantini (Mastro Geppetto AdS).

 

Alla prossima e................. buona permanenza sul sito.

 

Filippo Fuligni (Lippus AdS)

lippusYYYY@inwind.it (l'indirizzo corretto è senza YYYY)

 

 

 

 

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