FAI DA TE accessori & co

 

 

 

 

 

il “Fai da Te”- Costruiamo il  
CAVETTO di ACCIAIO e le Aste da JERK

 (Testo e foto di Loris Ferrari – ultimo aggiornamento Dic/06) 

 

 

Premessa:      

 

Da sempre i pescatori di Lucci, si dibattono in interminabili discussioni sull’impiego o meno del cavetto d’acciaio; lascio ovviamente la libertà ad ognuno di voi di pensarla come crede.

 

Chi sostiene l’inutilità del cavetto, afferma che il luccio addenta sempre l’artificiale in punta di “becco” e quindi non necessita di un accessorio che limita molto la naturalità dell’esca.

 

Per contro i sostenitori, dicono che bisogna essere sempre sportivi; perciò anche in quelle poche volte che il Luccio ingoia nel  profondo, è un’inutile barbarie lasciargli in bocca un’artificiale munito di grosse ed acuminate ancorette.

 

Poi i primi di solito passano alla seconda categoria quando durante la lotta perdono il Luccio da record… ma questo è un’altro discorso.

 

Personalmente lo ritengo indispensabile soprattutto per evitare che il Luccio riesca a tagliare il filo con i denti e poi finisca per morire magari dopo giorni di agonia con l’artificiale in bocca (mi rattrista il solo pensiero).

 

Già ora quando perdo un luccio durante la lotta perché si strappa il filo o si taglia in un grosso ramo, rimanendogli l’artificiale in bocca, ci sto male…figuratevi se di proposito, non applico il cavetto prima dell’artificiale.

 

Mi è capitato più di una volta di aver fatto ingoiare profondo al luccio; la ragione è quasi sempre attribuibile al fatto che pesco in ambienti “sporchi” e ricchi di rami ed ostacoli di ogni genere, oppure pesco direttamente dentro ai canneti od ai banchi di ninfee.

 

Troppe volte vedo gli altri pescatori che “cappottano” pescando a filo dei canneti o degli erbai, mentre il sottoscritto, magari se li fa scappare tutti, perdendoli fra ostacoli invincibili, ma riesce a vedere almeno alcune belle abboccate, in giornate altrimenti del tutto negative.

 

Riesco anche così a divertirmi, perché durante questi momenti di attacchi spettacolari e di lotta estrema, l’adrenalina sale a mille e fino alla fine non si riesce a prevedere se la lotta avrà esito positivo.

 

Il luccio, per non sbagliare la mira all’intruso, che invade il suo territorio, abbocca d’impeto  largo ed ingoia artificiale e tutto quanto si trova nelle vicinanze (erbe, ninfee e filo compreso!).

 

Soprattutto impiegando minnows, rane e popper galleggianti negli erbai, il pesce attacca seguendo le vibrazioni che gli giungono dalla superficie, senza vedere distintamente l’intruso; per forza di cose l’abbocco avviene, quando abbiamo la fortuna che l’attacco va a buon fine, con l’artificiale ben conficcato dentro alla gola dell’esocide.

 

Ambienti difficili…

 

Negli ambienti super frequentati però, come i laghetti a pagamento, dove il C & R è d’obbligo, bisogna per forza ammettere che il cavetto classico (ingombrante e super voluminoso), comincia ad essere davvero troppo “visto” dal pesce, che impara a riconoscerlo ed a viverlo come pericoloso, facendo diminuire drasticamente le abboccate a coloro che lo impiegano.

 

Aumentano per contro, sempre in questi ambienti, spesso dalle acque cristalline, le abboccate ad esche infinitesimali ed inusuali, ed a monofili sottilissimi…purtroppo per i malcapitati pescatori, raramente questi attacchi si risolvono con la vittoria del pescatore, ma questo è un altro discorso.

 

Il ricorso a finali in Fluorocarbon se vogliamo ottenere attacchi è spesso un obbligo, fermo restando l’elevato rischio di tagli della lenza.

 

Stiamo però parlando di una situazione limite; far abboccare un luccio che magari si è visto fermo nel sottoriva e che è già stato insidiato da tantissimi lanciatori prima di noi.

 

Una piccola esca, magari uno streamer o un mini tubes legato ad un sottile terminale potrebbe indurlo all’attacco... si tratta di provare a vincere una sfida contro quello stressato avversario che, comunque, verrà rilasciato perché quella è la regola dei laghi di pesca sportiva.

 

A volte si vince la lotta perché il luccio di fronte ad un’esca piccola, apre solamente la bocca quel tanto che basta; aggiungiamo poi che in questi ambienti il pesce non aggredisce mai con foga l’esca ma la attacca solamente in punta di bocca, a volte assaggiandola lentamente.

 

Accade allora che si salpa il pesce perché l’amo si conficca a filo di labbra, lontano dagli acuminatissimi denti.

 

Ho voluto portare anche questo esempio limite, ovvero non utilizzare il cavetto perché tanto il pesce dovrà essere liberato comunque, ma è ovvio che continuo a non consigliarlo per evitare di lasciare in bocca ad uno sfortunato pesce un’esca che nel migliore dei casi risulterà estremamente fastidiosa.

 

La costruzione dei Cavetti d’acciaio :

 

Impareremo ora a costruire un accessorio indispensabile in determinate pesche ai predatori, alcuni tipi di cavetto d’acciaio per la pesca al luccio, alla grossa sandra ... ed a tutti i predatori dalla dentatura acuminata.

 

Se mi state seguendo nei miei articoli, noterete ben presto che anche questa volta non si tratta della costruzione del solito cavetto presente in commercio,  ma di qualcosa di nuovo, che forse vale la pena di costruire e soprattutto... provare !

 

I principali cavetti in commercio, sono essenzialmente di quattro tipi :

 

1)  Cavetto in filo d’acciaio trecciato e plastificato, è collegato ad una estremità con una girella e dall’altra con girella e moschettone, per l’inserimento degli artificiali. Le asole d’acciaio sono fissate con tubicini metallici pinzati. E’ stato uno dei primi ad essere commercializzato, è molto robusto, ma presenta, come maggior difetto, la visibilità e la rigidità d’insieme, impedendo di fatto il corretto recupero dell’artificiale, facendo perdere molta sensibilità. Se si piega, durante la lotta o perché riposto male, non è possibile farlo tornare all’aspetto originale.

 

2)  Cavetto in acciaio termosaldante plastificato (si trova in bobine con carichi di rottura diversi : ad es. 15 lb. - 20 lb. - 30 lb.). Si costruisce collegandolo a girelle e moschettoni come il precedente. Si inserisce la girella, si forma un asola col cavo, lo si rigira più volte sull’asse e lo si fissa (salda), da qui il nome “termosaldante” con la fiamma di un comune accendino. I principali difetti, a mio parere, rimangono sempre la rigidità d’insieme ed il minor carico di rottura rispetto al precedente.

 

A chi vi scrive il termosaldante non è più molto simpatico da quando, alcuni anni fa, mi ha ceduto durante un combattimento, aprendosi e facendomi sfuggire... un sacco di imprecazioni ! ! ! (saldatura a fuoco grossolana ? difetto nel materiale ? ...sfortuna ?)

 

Questo cavetto, mantiene l’adesione attraverso la fusione del materiale plastico che lo ricopre. Questa saldatura va eseguita a casa, con calma, nel miglior modo possibile. Dopo lo sfortunato episodio capitatomi, non lo ritengo adeguato per insidiare i pesi massimi... credo sia meglio richiedere da tutte le componenti della ns. attrezzatura, la massima affidabilità per cercare di averne ragione.

 

3)  Cavetto costruito in treccia di Kevlar, si acquista in bobine con diverso carico di rottura. Si costruisce come quello in termosaldante, ma si fissano le girelle attraverso nodi (es. uni - Knot). E’ molto morbido e naturale nel suo insieme, malgrado il diametro, ma non garantisce assolutamente contro i denti dei grossi esocidi, soprattutto durante le lotte lunghe ed impegnative. Viene impiegato e consigliato soprattutto nella pesca al siluro perché resiste bene all’abrasione dei suoi piccoli denti, salvando così il nylon da rottura certa.

 

4)  Cavetti monowire o Aste da Jerk sia in acciaio inox che in titanio, si trovano nei negozi specializzati e permettono di far nuotare al meglio i Jerk, ovvero i pesci da luccio senza paletta, che tanti esocidi stanno catturando in tutte le acque d’Europa e non solo. La differenza con i cavi precedenti è proprio quella di non essere composti da tanti milamenti metallici intrecciati fra loro, ma solamente da un unico cavo metallico, di diversi diametri e perciò di diversa tenuta.

 

Questi ultimi stanno diventando “di moda” ovvero stanno avendo sempre più estimatori che li apprezzano pescando l’esocide, anche utilizzando le esche tradizionali, quali rotanti, ondulanti, spinnerbait e minnows.

 

Lascio a voi la preferenza fra i due tipi di cavetto, io personalmente negli ultimi tempi, mi sto orientando sull’impiego esclusivo del  monowire, in seguito alle esperienze ed ai consigli dell’amico Americo Rocchi, ormai da molti considerato uno dei massimi esperti italiani sulla pesca al luccio.

 

Qui sotto lo vedete con due discreti esemplari di luccio nostrano, uno preso con il “Lorispoon” in resina e l’altro con un esca siliconica di Adriano Orlandoni, il titolare di Giantbaits.

 

 

 

 

 

 

Di seguito vedremo le fasi di costruzione di due tipi di cavetto per lucci, uno fatto con il “Sevenstrand” un cavo di acciaio intrecciato, di color rame e l’altro fatto con “l’American Fishing Wire – Tooth Proof” un filo metallico unico (monowire), anch’esso di color rame.

 

Entrambi sono prodotti molto utilizzati anche nei mari tropicali, sia per difendersi dai pesci particolarmente dotati di denti e dove, viste le acque trasparenti, sembra che i pesci abbiano memorizzato una notevole diffidenza verso i luccichii prodotti dai riflessi dell’acciaio inossidabile dei cavetti, dei moschettoni e delle girelle, tenendosi debitamente alla larga.

 

Perché dobbiamo costruirli?

 

n    Innanzitutto per la robustezza, entrambi i materiali consigliati qui sopra sono molto robusti e come evidenziavo sopra, vengono solitamente impiegati anche in mare nei confronti di pesci dalla dentatura anche molto più tosta dei nostri italici lucci.

 

n    Possiamo farli della lunghezza che vogliamo ed impiegare le girelle ed i moschettoni che preferiamo.

 

n    Possiamo soprattutto con il monowire inserire dei piombi, od il sistema Carolina Rig, in  modo da poterli impiegare anche per far navigare la nostra esca più a contatto del fondo, conferirle sonorità attiranti o semplicemente riuscire a lanciarla più lontano.

 

n    Utilizzando il monowire scopriremo di avere fra le mani un prodotto che non solo va bene per i Jerk, ma anche per un sacco di altre esche; inoltre è davvero proverbiale la sua durata. Anche se si piega durante la lotta, possiamo con le mani o con le pinze riportarlo in linea e tornerà in pochi secondi praticamente come nuovo.

 

n    Il colore ramato (vicino al rosso) è molto più invisibile in profondità di altri colori e viene meno avvertito dal pesce come pericolo. Non manda infatti bagliori, come l’acciaio inox, che mettono in allarme il pesce, soprattutto in presenza di luce. In attesa di girelle e moschettoni di colore rosso, io intanto utilizzo quelle in colore nero, per evitare fastidiosi riflessi e presentare al pesce un colore sicuramente più conosciuto in natura e perciò meno traumatizzante.

 

Se anche stavolta vi ho incuriosito, e volete verificarne sul campo i vantaggi reali di questi cavetti fai da te, senza indugio passiamo a descrivere i semplici...

 

Materiali ed attrezzi occorrenti :

 

1)  Bobine di Sevenstrand e matassine di American Fishing Wire nelle misure a voi più congeniali.

 

2)  Le solite pinzette a becchi conici, le pinze normali per avvolgere il filo e le tronchesi per tagliarlo;

 

3)  Girelle a barilotto e moschettoni robusti, di buona qualità, e carico di rottura adeguato alle prede “notevoli” a cui sono idealmente rivolti;

 

4)  eventuali Piombi ad olivetta, sferici o tipo torpille, forati, per infilarli nel tratto terminale del cavetto (quello vicino all’artificiale), consentendo così lanci più lunghi e più vicini al fondo.

 

5)  Guaina termorestringente da elettricisti e pistola termica per restringere la guaina. Ma va bene anche la comune fiamma di un accendino se avremo l’accortezza di passare velocemente la fiamma senza fermarci in alcun punto per non rischiare di fondere la plastica.

 

... inizia la costruzione, IL SEVENSTRAND:

 

E’ giusto dirvi che ormai io uso questa treccia solamente nell’impiego delle esche più piccole, riservando alle altre, quelle medie e grandi, l’uso del monowire. Sono però scelte personali, ci sono pescatori che usano solamente questo tipo di treccia, trovandosi benissimo.

 

1)  Tagliamo con l’aiuto delle tronchesi, uno spezzone di acciaio della lunghezza desiderata.

 

 

 

2)  All’estremità di uno di questi, cominciamo a costruire un anello e mettiamoci dentro una girella robusta, un amo od un moschettone, ora iniziamo a girare sull’asse del trecciato per sei o sette volte con le mani o con l’aiuto delle pinze ed infine tagliamo l’eccedenza con le tronchesi. Consiglio di tenere l’amo in morsa o nel morsetto da moschista e tenere ben tesa la treccia in modo che le spire che andremo ad avvolgere non si accavallino fra di loro.

 

Io preferisco girare due volte la treccia nell’anello dell’amo (o della girella), prima di fare gli avvolgimenti, in modo che durante la trazione, lo sforzo in questo punto venga suddiviso su una sezione doppia di trecciato metallico.

 

 

Dopo aver tagliato l’eccedenza, io passo una goccia di Attack sulla legatura con la punta di uno stuzzicadenti ed aspetto una decina di secondi che si sia asciugata. Ora infilo un pezzetto di tubetto termosaldante (guaina termorestringente), appena più grande del trecciato stesso e la porto a ricoprire interamente la legatura (in questo caso fino all’occhiello dell’amo) più un paio di millimetri di treccia d’acciaio.

 

Ora con l’aiuto di un accendino (o la pistola termica), scaldo la guaina in modo che si restringa e blocchi la legatura stessa.

 

Questa operazione serve a tre cose, la prima aumentare leggermente la resistenza della legatura, la seconda per farla passare fra gli ostacoli senza caricarsi di erbe o sporco e l’ultima, ma non meno importante, a non far conficcare nelle nostre dita le punte metalliche della nostra treccia ramata.

 

Nelle girelle e nei moschettoni poi metto un altro pezzetto di guaina, questa volta decisamente di un diametro maggiore, in modo che vada a ricoprire parte del moschettone e parte della girella. Anche questa operazione serve a far raccogliere meno sporcizia al nostro cavetto e non spaventare il pesce che dovrà concentrarsi solamente ad abboccare la nostra esca.

 

 

 

 

Qui sotto potete osservare la girella ed il moschettone adeguatamente protette dai due tubicini sovrapposti di guaina

 

 

 

Due parole sul moschettone:

 

Dalle foto potete sicuramente capire quali siano le mie preferenze sul moschettone da adottare.

 

Dopo aver visto diversi modelli aperti durante la lotta, con conseguente perdita dei grossi esemplari agganciati, ormai il sottoscritto adotta quasi esclusivamente questi modelli, sia nel costruire i cavetti sia durante la normale pesca, ad esempio usando i cucchiaini rotanti.

 

Li preferisco perché durante lo sforzo i due ferretti di chiusura premono uno contro l’altro, aiutandosi a vicenda.

 

A dire il vero hanno una controindicazione, si fa fatica (ed a volte non si riesce), a farli passare in esche con occhielli molto piccoli.

 

Anche in questo caso però invece di cambiare il moschettone aggiungo, con l’aiuto delle apposite pinzette, un robusto split ring e risolvo in un attimo il problema.

 

 

... continua la costruzione, L’American Fishing Wire – TOOTH PROOF:

 

 

 

 

Questa volta vi presento questo prodotto acciaioso di colore ramato (Brown), dell’American Fishing Wire, ma della stessa azienda esiste anche il filo di TITANIO (Titanium Tooth Proof), che serve per fare splendide aste da Jerk o forcelle da spinnerbait  e buzzbait.

 

Questo ultimo prodotto lo tratterò a parte in un prossimo articolo, vista la difficoltà di lavorazione e l’impossibilità di lavorarlo a freddo.

 

Quali misure acquistare?

 

Direi che dipende dalle dimensioni delle prede cui siamo soliti pescare; io utilizzo quattro tipi di monowire, quelli con tenuta da 39 –  56 - 79 e 99 Kg. (il diametro varia dallo 0, 65 allo 1,00) Viene venduto in matassine da 9,2 metri l’una.

 

Le prime tre misure le uso per diversi tipi di cavetto ed anche per armare con antialga a ferretto piegato i miei Jig, spinnerbait e buzzbait autocostruiti.

 

Le due misure più grandi sono poi ideali anche per costruire le armature “Modena Rig” nelle varie tipologie (chi non le conoscesse ancora, lo rimando agli articoli scritti sull’argomento).

 

Nella foto sottostante potete osservare uno shad in silicone della Renosky, armato da una ancoretta con antialga in pancia e reso più adescante dal movimento prodotto dallo “Swimmer Modena Rig” (vedi articolo dedicato).

 

 

 

Il cavetto di diametro maggiore lo utilizzo per costruire le aste da Jerk o per le forcelle degli spinnerbait e dei Buzzbait.

 

 

 

 

 

 

La costruzione del cavetto è del tutto simile a quella che abbiamo visto con il Sevenstrand, con l’unica differenza che qui stiamo lavorando un cavetto rigido.

 

1) Dopo aver tagliato con le tronchesi uno spezzone di filo della lunghezza giusta, con l’aiuto di pinze a becchi conici e pinzette, andremo a fare un occhiello come già spiegato nell’articolo sui rotanti. Prima di chiuderlo andremo ad inserire dentro il nostro moschettone o la nostra girella.

 

2) Arrotoliamo il filo sull’asse del cavetto, senza sforzare né piegare l’anello, prima a spire larghe e poi almeno le ultime due chiuse strettamente.

 

N.B. L’anello non va piegato perché l’acciaio è sì un metallo tenace ma soffre le pieghe secche e ripetute, se sforzassimo avanti ed indietro l’occhiello rischieremmo solamente di creare un punto di rottura... che magari avverrebbe sul più bello di un combattimento! Se vogliamo perciò avere fra le mani un acciaio che non ci tradisca nel momento di maggior sforzo, ricordiamoci che va piegato a freddo, in un senso, solamente una volta.

 

3) Mettiamo prima il tubicino di guaina piccolo sull’avvolgimento ed andiamolo a stringere con il calore. Ora portiamo la guaina di diametro più grande a coprire la girella e parte del moschettone e poi blocchiamola anch’essa con la fiamma dell’accendino.

 

 

 

 

 

N.B. Se invece vogliamo costruire un cavetto “affondante”, basterà mettere dentro l’ultimo spezzone d’acciaio un piombo a oliva o a sfera (secondo le ns. esigenze di pescare più o meno in profondità), oppure un piombo Carolina, con le apposite perline e vetrini. Questo ultimo tipo lo uso soprattutto in presenza di acque più o meno torbide, poiché il rumore prodotto dal tintinnio della campana di ottone o di tungsteno riesce ad attirare i pesci anche a distanza.

 

Nella foto sottostante vi presento un aggancio che a me piace molto e che utilizzo abbastanza spesso nelle aste da Jerk ed anche per agganciare grossi shad siliconici od esche similari; ricordo che in questo caso è preferibile impiegare il monowire da 99 Kg. di tenuta.

 

Se non vi garba questo tipo di moschettone, l’alternativa è quella di fare il solito anello e mettere un grosso moschettone commerciale, come quelli presentati nella costruzione dei cavetti.

     

 

 

 

All’asta da Jerk è sempre preferibile attaccare una robusta girella che andrà poi collegata al trecciato in multifibre che proviene dal mulinello, in modo da ridurre le torsioni durante il combattimento con il pesce.

 

 

Terminale di acciaio... di quale lunghezza?

 

Parlare di lunghezza di terminale significa addentrarsi in un dedalo di discussioni davvero senza fine. C’è chi pensa che vuole appena di una decina di centimetri ed altri che lo usano lungo mezzo metro.

 

Sicuramente dipende anche molto dall’artificiale impiegato; usando lo spinnerbait ad esempio, potrebbe essere sufficiente un cavetto lungo una spanna, poiché già la forcella teoricamente difende e allontana l’amo dalla bocca, mentre utilizzando i minnows, bisognerà stare almeno sui trenta centimetri perché è più facile che il luccio riesca ad inghiottire l’esca in profondità ed anche con attacchi laterali e frontali che potrebbero minare l’integrità del nostro nylon o meglio, trecciato multifibre.

 

L’amico Giorgio ha però di recente assistito in acque trasparenti ad un episodio in cui un luccio, stimato in acqua sui cinque chili, ha attaccato lo spinnerbait prendendo interamente in bocca le due palette (Colorado e Willow), senza minimamente considerare lo skirt sottostante munito anche di un grosso grub siliconico a due code! Inutile dire che il pesce non si è agganciato.

 

Tante volte poi pescando fra lo sporco, dicevamo all’inizio, il luccio parte da almeno mezzo metro con uno scatto feroce e a bocca spalancata, davvero non va per il sottile.

 

I suoi occhi sono poi posizionati sulla testa in modo da agevolarne la vista dal basso verso l’alto ma però che, per contro, gli danno problemi di “mira” sulla distanza ravvicinata.

 

Ecco forse spiegata la ragione ed il perché con questo pesce gli attacchi a vuoto davvero si sprecano (ed anche le imprecazioni del pescatore!).

 

Tutte queste riflessioni, aggiunte alle esperienze dirette con questo pesce, mi portano a dire che il cavetto deve essere lungo dai trenta ai quaranta centimetri, secondo la lunghezza dell’esca utilizzata, in modo da metterci al riparo da qualsiasi sorpresa.

 

Qualsiasi sia la soluzione che adotterete sia come materiali utilizzati che in materia di lunghezza del cavetto, ricordate sempre che il fine ultimo è l’integrità del luccio che si ottiene con un mix di fattori:

 

1)     forzando il pesce con attrezzature robuste ed idonee, per non fare andare i muscoli del pesce in acido lattico; canna da almeno un oncia di potenza, trecciato multifibra nel mulinello da almeno trenta libbre e cavetto di cui sopra;

 

2)      depositare a terra il pesce in un luogo dove non possa ferirsi e rovinarsi ulteriormente (l’ideale sarebbe un materassino come quelli usati dai carpisti, un altro utile accorgimento è quello di mettergli sugli occhi un panno bagnato in modo che smetta di dibattersi;

 

3)     Liberare il pesce dall’esca utilizzando l’apposito apribocca e pinze a becchi lunghi; in caso di abboccate profonde può essere più agevole estrarre l’esca, dopo aver tolto il terminale, direttamente dall’apertura branchiale; se peschiamo dalla barca è sicuramente di aiuto un grosso guadino per slamare il pesce in acqua senza doverlo far sbattere sul fondo della barca e poi issarlo solamente per l’eventuale pesatura e le foto ricordo o le riprese con la telecamera;

 

4)     velocizzare al massimo le operazioni di fotografie, peso e lunghezza; fra un’operazione e l’altra soprattutto in barca, è buona norma tenere il pesce in acqua dentro ad un grosso guadino, in modo da affaticarlo il meno possibile.

 

5)      liberarlo con tutte le cure del caso… dopo averlo debitamente ossigenato, se occorre, anche per parecchi minuti.

 

Sicuramente il discorso cavetti da luccio non si esaurirà certamente qui, le note esposte sono la conseguenza delle esperienze di validi ed esperti pescatori e dei prodotti che il settore ci mette a disposizione... vi invito anzi a trasmettermi le vostre esperienze ed i test da voi effettuati sulle varie tipologie di cavetti, state certi che in caso di novità interessanti, andremo velocemente ad implementare ed aggiornare l’articolo.

 

Come sempre vi invito a scrivermi all’indirizzo e-mail che compare in Home Page sul sito.

 

Ciao a tutti e buona p... ermanenza sul ns. sito !

 

Loris Ferrari

 

 

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