CHI SIAMO...

 

 

 

 

Luciano Cerchi

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Ho sempre rifiutato i termini “grande” e “super”, se associati alla  pesca, allo scrivere o costruire esche artificiali, preferendo sempre il termine “appassionato”. Naturalmente, prima di divenire “un appassionato” costruttore, ho imparato l’arte della pesca direttamente da mio padre. Abitavamo a La Spezia, ma il papà era nativo della Val di Vara, più precisamente di un piccolo paese che prende il nome dal minuscolo torrente che lo attraversa: il Mangia. Ho trascorso sulle sue rive tutte le mie vacanze estive fino all’adolescenza, mesi fatti di giornate assolate sui ghiareti bianchi, rincorrendo l’abilità dei miei irraggiungibili compagni. A formarmi furono gli alberi di mele selvatiche, i declivi fioriti bruciati dal sole impietoso e le fresche acque spumeggianti, popolate da fario dalla schiena scurissima. Anche mio padre frequentava il torrente, ma  aveva una bella canna in bambù  ed un barattolo di vermi di terra…

In seguito, fece la sua comparsa l’Alcedo Micron ed una canna in fibra, che  guardavo con ammirazione, e  più tardi una manciata di cucchiaini rotanti con la paletta d’argento lucido. Arrivò persino una canna della mia misura, corta, morbida, perfetta per il mulinello. Sembrava fatta apposta per me, ma  così non era, finché un giorno…

 

Quell’estate del 62.

Quel mese era settembre, il più bel settembre che avessi mai veduto. Nella piccola casa inondata dal sole, tutto era armoniosamente al suo posto. Il vecchio fucile del nonno sopra il camino, il profumo intenso dei funghi che seccavano sulla terrazza, la grande tavola di legno e le travi del soffitto in cui scorgevo sempre immagini diverse…la canna da pesca era come al solito ben riposta, ma pronta all’uso. Così, approfittando dell’assenza di mio padre, scelsi l’avventura…

Immediatamente i miei compagni furono con me sulla riva del torrente, si faceva davvero sul serio. Che importava se il mulinello cigolava un po’ e se il filo non era proprio nuovo, o se  la bobina  era un po’ scoperta, io avevo ben tre cucchiaini da annodare alla meglio.

Iniziò una lunga entusiasmante risalita, tra il vociare degli amici. Bisognava lanciare e recuperare, l’avevo visto fare tante volte, ma i movimenti erano maldestri e scoordinati. Le ore trascorrevano veloci, ma nulla accadeva, quanta energia profusa, ma che delusione…Soltanto verso il primo calare  del sole avvenne il miracolo. Una fario uscita dal niente, guizzava frenetica tra il vociare più intenso. Qualche capriola di troppo, un salto più deciso, ed il filo perde la tensione… La delusione fu grande, ma il coinvolgimento e l’emozione provata non mi avrebbero abbandonato mai più…

La pesca divenne un punto fermo a cui non avrei più rinunciato, tutto quanto era legato ai pesci mi interessava. Appena potevo, frequentavo il Molo Italia sulla Passeggiata Morin a La Spezia,  con le lenze a mano comperate con i pochi spiccioli guadagnati con piccoli lavoretti, ma erano le coinvolgenti e più appaganti situazioni estive che attendevo con ansia…Mare e fiume, ed un ‘identica volontà: “Pescare!”

Progressivamente però, il fiume prese del tutto il sopravvento sulle grandi distese del mare, trovavo l’ambiente più trascinante ed intimo. Ogni buca, ogni raschio, ogni metro di corrente venivano da me vissuti e guadagnati come uno splendido dono…I miei artificiali di allora erano rotanti ed ondulanti, prima di poter utilizzare piccole imitazioni di pesciolini. avrei dovuto attendere ancora molti anni…

 

I primi minnow.

Finalmente negli anni a cavallo dei 70/80, i primi minnow cominciarono a divenire patrimonio concreto dei rari negozi, dell’allora semi pionieristico mondo dello spinning. Nulla poteva fermarmi, arrivavo a spostarmi in altre città per acquistare quello che non trovavo. Molta la fatica e pochi i mezzi, completare un corredo adeguato era un sogno irrealizzabile. Con i pochi Rapala acquisiti a fatica, insidiavo trote e cavedani sul fiume Vara e tutti i suoi affluenti che avevo imparato a risalire. Più avanti, fu la volta del fiume Magra e del conseguente “innamoramento” per la pesca a mosca dovuto all’affascinante conoscenza di un vero fuoriclasse che era Roberto Pragliola. Ma la “cotta” fu di breve durata, soprattutto per la scoperta di lucci e black-bass numerosi ed indisturbati nei “Bozi” di Sarzana. Altro che esche americane, dovevo in qualche modo costruirmi qualcosa, anche a fronte della “scoperta” delle spigole all’interno del fiume Magra…

 

Non riuscivo a tenere il ritmo delle fatali perdite di esche, inoltre, sentivo sempre più l’esigenza di creare qualcosa di inedito e specifico per gli ambienti che frequentavo stabilmente. Naturalmente, prima di arrivare a modelli particolari, dovevo acquisire esperienza con un quadrello di balsa, un po’ di carta abrasiva, pennelli e vernici, e del filo di rame…materiali che diedero vita al mio “numero uno” che conservo ancora…Di li a poco, proprio la mia crescente passione per la costruzione dei minnow e la “raccomandazione” di Renzo Della Valle, mi fruttarono il primo ingresso nel 1989 sulle pagine di Pesca in Mare, qualche mese dopo su Pesca In e dopo qualche anno addirittura la fondazione della Rivista  Spinning  insieme a Renzo ed a Riccardo Bocchino…Poi tutto divenne più facile, l’anno successivo il primo viaggio in Finlandia, ospite dei figli del mitico Lauri Rapala. La pesca con Risto in Russia nella penisola di Kola, l’invito alla Nils Master, la collaborazione con la Simplex, e le numerose gratificazioni dovute alla pesca con i migliori lanciatori europei come Jan Eggers, Pertii Rautio e Pekka Sivonnen. La Finlandia, la Svezia, la Lapponia Svedese e Finlandese, le Isole Aland… i salmoni, i grossi lucci dei fiumi russi, la tundra, le renne…l’Olanda, i grandi laghi della Spagna, la torrida Estremadura, la splendida Andalusia, le isole Canarie, la Polonia con l’agguerrita Fabbrica Salmo…i grandi fiumi…l’Ungheria, il Danubio, il Tibisco…Varsavia e l’imponente Vistola…i grandi laghi dell’Irlanda e le splendide trote di mare…Le canne firmate per la Maver e successivamente per Milo, i filmati televisivi per Fish Eye, Strike e Pescare Insieme…Poi le pagine di Pescare, da sempre mia rivista culto, e di Pescare Artificiali… centinaia di articoli, due libri in pochi anni…

Da cinque anni, ho lasciato anche la Liguria per trasferirmi a Viareggio…Molti i cambiamenti…ma nonostante quest’attività turbinosa, frequento sempre il Versilia, un piccolo fiume vicino casa,  stavolta per un bisogno di serenità e forse per dimenticare sconfitte ancora dure da mandar giù… qualcosa in fondo al cuore che non finisce di far male e che neanche il rumore della corrente più impetuosa può coprire... Non ho più quella canna tanto amata, ne quei fiumi dalle acque brillanti, fatico un po’ a fare i nodi quando viene l’imbrunire e le gambe non coprono più le distanze di allora…ma in fondo dalla pesca ho avuto tanto… tutto… forse troppo e per ottenerlo ho perduto qualcosa che nessuno potrà più darmi… Oggi, non sono più un bravo costruttore, e spesso mi è manca il tempo materiale per continuare la mia ricerca, perché impegnato nelle prove di esche confezionate da altri da immettere sul mercato, ma quando realizzo ancora per il mio piacere un’esca, ritrovo tutta la determinazione e la creatività, rivivendo un po’ quei meravigliosi anni ormai perduti…

In fondo, il fiume continua incessante a scorrere confluendo verso il mare, pur rimanendo dov’è…tutte le cose buone e brutte prima o poi passano, ma continuano a far parte di noi…

 

Luciano Cerchi

 

 

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Nella foto il primo minnow costruito da Luciano Cerchi

 

 

 

 

 

 

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